I Ventotto hanno annunciato ieri di voler effettuare «immediatamente» un accertamento sulle modalità di uscita dai Paesi africani colpiti dal virus Ebola. Nel caso, i paesi dell’Unione sono pronti ad aumentare la collaborazione in questo campo, come ha fatto la Francia, migliorando i controlli sul posto. L’obiettivo, naturalmente, è di evitare per quanto possibile l’arrivo della malattia in Europa. Il rischio di contagio rimane comunque «basso», secondo la Commissione europea. Alla fine di un consiglio informale dei ministri della sanità, il commissario alla Sanità Tonio Borg ha spiegato che i Ventotto sono d’accordo per rafforzare i controlli negli aeroporti di Liberia, Sierra Leone e Guinea, i tre paesi oggi focolaio dell’epidemia. Nel contempo, i paesi dell’Unione hanno deciso di migliorare il coordinamento nel controllo degli accessi sul territorio europeo.
«Vi è l’impegno di coordinare le misure nazionali – ha detto Borg – le scelte tuttavia sono nazionali». Attualmente, sono due i paesi che hanno ancora collegamenti diretti con i tre paesi africani: la Francia e il Belgio, con 11 voli alla settimana. Secondo statistiche raccolte dalla Commissione europea, i passeggeri sono in media tra i 2.000 e i 2.500 alla settimana. Nella loro riunione di oggi, i paesi membri (21 i ministri presenti su 28) hanno anche deciso di coordinare gli sforzi nella concessione dei visti, nel tentativo di bloccare l’ingresso in Europa di persone portatrici del virus.
Inoltre, la Commissione si è impegnata a lavorare su una banca dati che permetterà ai paesi membri di seguire passo passo le persone a rischio. Nella riunione di ieri, la Francia ha messo l’accento sulla necessità di collaborare nel rimpatrio del personale medico presente in Africa. Il ministro della Sanità francese Marisol Touraine ha espresso il desiderio di «un turno di guardia» dei paesi con il materiale necessario per garantire questo tipo di operazione.
Il 4 novembre, si terrà una ulteriore riunione dei Ventotto, questa volta a livello tecnico. Sempre qui a Bruxelles, il ministro della Sanità italiano Beatrice Lorenzin ha spiegato di aver ottenuto «un rafforzamento delle dotazioni del nostro personale sanitario e medico: termometri, mascherine, guanti, le misure necessarie per trattare i casi sospetti, che bisogna avere anche se poi non servono». Ha assicurato dal canto suo Borg: «Il rischio di una diffusione di Ebola è basso».
Preoccupato invece da una «diffusione globale» del virus, il presidente americano Barack Obama ha esortato mercoledì i Ventotto a fare di più per evitare una diffusione del virus, che per ora ha provocato oltre 4.400 morti, secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità. La riunione di ieri qui a Bruxelles ha mostrato quanto sia difficile per l’Unione Europea avere un atteggiamento convincente in questo campo. La sanità rimane prerogativa nazionale, nonostante frontiere comuni e regole doganali simili.
Polemiche sui contagi in Texas
«Abbiamo fatto degli errori». Così Daniel Varga, il direttore sanitario del Texas Health Resources, azienda che gestisce il Texas Health Presbyterian Hospital di Dallas, si scusa di fronte al Congresso per come l’ospedale, dove è stato ricoverato ed è morto il primo ammalato di Ebola negli Stati Uniti e dove almeno due infermiere sono state contagiate, ha gestito l’emergenza.
Intanto, il presidente Barack Obama ha cancellato anche ieri un previsto viaggio elettorale a New York e Rhode Island per dare istruzioni ai Cdc sulla creazione di uno Swat team sanitario pronto a essere dispiegato ovunque nel paese laddove si presenti la necessità di rispondere ai casi di Ebola. Obama ha anche ricordato che il miglior modo di prevenire la diffusione della malattia è controllarne la diffusione nell’Africa Occidentale. «Gli investimenti che facciamo aiutando Liberia, Sierra Leone e Guinea sono un investimento per la nostra salute».
Parole in linea con quelle del segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon: «Ebola è un enorme problema mondiale che richiede una risposta globale». Ban ha rivolto un appello alla comunità internazionale affinché finanzi il miliardo di dollari di aiuti richiesto per contrastare il virus. Il grande rischio, infatti, è che l’epidemia si possa diffondere ancora di più nel continente africano rendendo sempre più difficile contenere il virus. Intanto gli allarmi su casi sospetti in Europa continuano: nuove segnalazioni arrivano da Spagna, Danimarca e Francia.
Chi invece ha deciso di passare alle vie di fatto è la Cina che ha inviato in Africa alcune migliaia di dosi di un farmaco sperimentale, il Jk-05. Servirà soprattutto agli operatori sanitari cinesi, ma l’azienda produttrice, la Sihuan Pharmaceutical Holdings Group, ha fatto sapere di esser pronta a nuove e più abbondanti forniture. Approvato in Cina per le emergenze, se il farmaco si rivelasse davvero efficace contro il virus, rappresenterebbe un bel colpo per la sanità cinese che rafforzerebbe il “soft power” di Pechino in Africa. La Cina ha già inviato centinaia di operatori e fornito aiuti per oltre 35 milioni di dollari ai Paesi più colpiti. (Il Sole 24 Ore)
Chiuse alcune scuole in Texas e Ohio per paura del contagio. Famiglie intere in isolamento, il panico cresce
L’Huffington Post. Per ora sono cinque le scuole chiuse in Texas e in Ohio per paura del contagio di Ebola. Si tratta delle strutture frequentate dai due piccoli studenti che si trovavano nell’aereo da Cleveland a Dallas dove era presente l’infermiera contagiata dal virus, Amber Joy Vinson.
Le tre scuole sono la Sparta Elementary School di Waco, la North Belton Middle School e la Belton Early Childhood School di Belton: aule, corridoi e scuolabus verrano disinfestati.
I due piccoli alunni hanno volato lunedì accanto all’infermiera, poi sono andati in classe martedì e mercoledì. Per decisione dei genitori, non andranno a scuola per 21 giorni – e cioè per il periodo massimo di incubazione.
Amber Joy Vinson è la seconda infermiera di Dallas infettata da Ebola. Lavora nello stesso ospedale dove è deceduto per la malattia Eric Duncan, appena tornato dalla Liberia. Vilson ha 29 anni e stava facendo i preparativi per il matrimonio. Nonostante fosse entrata in contatto con il malato di Ebola, il Centre for Disease Control and Prevention non aveva trovato niente da obiettare quando aveva comunicato che avrebbe preso un aereo da Cleveland a Dallas. Apparentemente durante il viaggio non presentava sintomi, non aveva nausea né episodi di vomito e nemmeno la febbre, perciò secondo le autorità sanitarie il rischio di aver contagiato qualche passeggero rimane “molto basso”. Nel volo c’erano 132 persone, sono state contattate ed è partita la procedura di prevenzione.
La donna è stata ricoverata alla Emory University Hospital ad Atlanta mentre la paura di contrarre la malattia sta provocando il panico in tutto il Texas e, sebbene in misura minore, lungo gli Stati Uniti.
A Cleveland, dove è partito il volo dell’infermiera, altre due scuole sono state chiuse nella periferia denominata Solon. La decisione è stata presa per estrema precauzione in quanto un dipendente degli istituti è tornato in città con un volo differente, ma probabilmente utilizzando lo stesso aereo.
Allo stesso modo la famiglia di una persona che lavora alla Naval Air Station Joint Reserve Base di Fort Worth – e che ugualmente si trovava a bordo – è stata messa in isolamento per tre settimane. Così come hanno ricevuto l’ordine di rimanere a casa in malattia alcune infermiere che avevano volato da Dallas a Cleveland nel primo tragitto di Amber Joy.
Il Centre for Disease Control è stato duramente criticato perché non avrebbe imposto maggiori restrizioni agli operatori sanitari entrati in contatto con Eric Duncan. Anzi, non si sarebbe opposto al fatto che la donna viaggiasse. La procedura d’emergenza è scattata soltanto quando un’altra infermiera, Nina Pham, collega della Vinson, domenica scorsa è risultata positiva al virus Ebola. Domenica però la Vinson si trovava già a Cleveland dalla madre. Qui ha ricevuto l’ordine di seguire uno stretto monitoraggio, eppure il giorno dopo prese comunque l’aereo per tornare a Dallas con la febbre, e molti si chiedono se le autorità americane siano davvero pronte a gestire l’emergenza.
Al momento le istituzioni sanitarie che avrebbero dovuto vigilare non sanno spiegarsi come sia stato possibile che Ebola sia passato a ben due infermiere.
Una preoccupazione che diventa forte per Barack Obama. Il quale, dopo avere annullato per il secondo giorno consecutivo i suoi impegni per restare a Washington e occuparsi della crisi dell’epidemia Ebola, si prepara a incontrare nuovamente gli esperti.
Obama ha voluto sentire i legislatori e i rappresentanti del Centers for disease control and prevention, il cui numero uno, Thomas Frieden, è comparso al Congresso per rispondere alle interrogazioni dei deputati. Aumenta la pressione sull’amministrazione Obama affinché vengano impediti i voli verso e in arrivo dai paesi africani colpiti dall’epidemia che secondo l’Organizzazione mondiale della sanità ha ucciso oltre 4.000 Persone.
17 ottobre 2014