Elezioni Veneto. Ciclone Lega, solo 4 su 23 i riconfermati
La Lega 2.0 di Maroni e Tosi deposita le liste e sceglie come «bandiera» veneta per il Senato Massimo Bitonci con l’obiettivo di strappare il premio di maggioranza su base regionale, mentre alla Camera si affida a Matteo Bragantini e a Marco Marcolin designati capilista di Veneto 1 e 2. Le tre squadre sono ampiamente rinnovate, con alcuni «goleador» lasciati in panchina in attesa di tempi migliori e con la vecchia guardia bossiana messa fuori rosa.
Maroni e Tosi non hanno avuto pietà e in un week end hanno azzerato il gruppo dirigente che il «senatùr» aveva portato in Parlamento nel 2008, anno dei miracoli: dei 7 senatori e 16 deputati veneti eletti se ne salvano solo 4, tutti gli altri restano a casa o sono collocati in posizione non eleggibile. Il calice più amaro, un cocktail alla cicuta, è toccato al deputato Corrado Callegari, veneziano con una sola legislatura alle spalle, massimo esperto di agricoltura, relegato al quattordicesimo posto in Veneto 2. Sorte analoga a Gianpaolo Vallardi, senatore trevigiano dal 2008 e quindi ricandidabile in base allo statuto ma retrocesso al dodicesimo posto mentre il senatore padovano Luciano Cagnin e Gianvittore Vaccari, ex sindaco di Feltre a palazzo Madama dal 2008, hanno accettato la candidatura per puro spirito di servizio: a Roma torneranno da turisti. All’ottavo posto al Senato è indicata Manuela Lanzarin, sindaco di Rosà eletta alla Camera 5 anni con lo staff di fedelissimi di Bossi. Ora si cambia, ma a Treviso e Vicenza serpeggia la rivolta. I conti si faranno il 25 febbraio, con le truppe fedeli a Zaia pronte alla riscossa.
I futuri senatori. I big stanno a palazzo Madama, dove Bersani avrà la vita dura. La lista è aperta da Massimo Bitonci, deputato uscente, ex sindaco di Cittadella che ha inventato le ordinanze del reddito minimo per la residenza agli immigrati: Bobo Maroni gli ha comunicato la candidatura. «Devi girare tutto il Veneto e spiegare la proposta della macroregione del Nord, che vuole trattenersi il 75% di Irpef», ha detto il segretario. Missione accettata. A Roma la Lega conta di portare 6-7 senatori e nell’ordine sono Patrizia Bisinella, avvocato e segretaria a Castelfranco; Raffaela Bellot, consigliere comunale di Feltre; l’onorevole rodigina Emanuela Munerato; Erika Stefani vicesindaco di Trissino, il consigliere regionale veronese Paolo Tosato e poi Franco Zorzo, sindaco di Tombolo, pilota Alitalia.
I futuri deputati. Nessuno azzarda previsioni perché i sondaggi incutono paura, ma almeno 7-8 deputati approderanno a Roma. In Veneto 1 il capolista Matteo Bragantini, fedelissimo di Tosi, mette fine a tutte le polemiche con una battuta. «Capisco lo stato d’animo di chi è stato escluso, ma la Lega è un solo partito e chi inventa le divisioni tra Bossi e Maroni mente sapendo di mentire». Alle sue spalle sono indicati Filippo Busin assessore a Thiene; Roberto Caon, candidaco sindaco sconfitto a Vigonza da Tacchetto (Udc) ma premiato da Conte e Tosi; la deputata veronese Giovanna Negro. In quinta posizione Luciano Todaro di Bassano.
Nell’altra circoscrizione hanno uno scranno sicuro alla Camera Marco Marcolin, sindaco di Cornuda; Emanuele Prataviera, segretario del Carroccio di Veneto orientrale, Arnaldo Stefano Pitton, vicesegretario del partito a Treviso e Loris Da Ros, 46 anni, ex assessore ai Lavori pubblici e urbanistica dal 1998 al 2007 a Cappella Maggiore.
Il rinnovamento. Con un tw Bobo Maroni ha annunciato l’operazione rinnovamento, tesi ribadita da Tosi e Bragantini, ma anche da Daniele Stival, assessore regionale alla Protezione civile, che smorza ogni polemica: «C’è bisogno di un ricambio generazionale: dobbiamo ringraziare chi da vent’anni ha lottato per difendere gli interessi del Nord, ma ora tocca ai giovani avviare la macroregione lanciata da Maroni». Tutto a posto? No. Perché la Lega freme su una dichiarazione della Zaccariotto che apre al jus solis dei figli degli immigrati nati in Italia. «La legge non si cambia, a 18 anni gli stranieri nati nel nostro Paese possono diventare cittadini italiani», ribatte Bragantini. La polemica infuria
Il Mattino di Padova – 21 gennaio 2013