Troppo caldo e la produzione di miele è al tracollo. Gli eccessivi picchi di calore – uniti alla mancanza di acqua che i violenti nubifragi estivi non compensano – sconvolgono la normale routine delle api, considerate un indicatore dello stato di salute della natura.
Il primo effetto è già visibile: la produzione di miele “Made in Italy” è più che dimezzata rispetto alla media, per un totale, quest’anno, attorno alle 10mila tonnellate. La denuncia arriva direttamente dagli apicoltori dell’Unaapi.
«Le api, impazzite per il clima – spiegano gli allevatori – non solo non producono miele (fino a -80% produzione 2017), ma non riescono più a fornire il servizio di impollinazione all’agricoltura».
«Il clima anomalo – aggiunge la Coldiretti – ha colpito i diversi tipi di mieli in pianura mentre si è salvato solo il raro miele di montagna. L’andamento produttivo di quest’anno fa peraltro seguito al raccolto già scarso dello scorso anno in cui era sceso ad appena 16mila tonnellate».
A provocare questa situazione sarebbe l’effetto combinato delle diffuse gelate primaverili, cui hanno fatto seguito il caldo e la siccità (con i fiori secchi per la mancanza di acqua ) ed i violenti temporali estivi. Senza dimenticare gli incendi che hanno fatto strage di decine di milioni di api.
Per questo, anche l’impollinazione di tutte le piante è in una situazione di perenne sofferenza. «Se la produzione fosse solo dimezzata – conclude Giuseppe Cefalo, presidente Unaapi – come nel 2016 potremmo essere contenti. Il disastro è totale e nessuno poteva immaginare di arrivare a meno di 1/3 del raccolto nel 2017».
Secondo le stime degli apicoltori, non si arriverà a 90mila quintali di miele su una media di 230mila. Il crollo dei raccolti nazionali apre, dunque, le porte alle importazioni che – secondo Coldiretti su dati Istat – hanno già raggiunto le oltre 7mila tonnellate nei primi 4 mesi del 2017».
Circa un terzo del miele importato viene dall’Ungheria ma un flusso consistente di oltre il 10% arriva dalla Cina, E se il trend sarà confermato sugli scaffali due barattoli su tre saranno stranieri. Per arginare il rischio di un import di dubbia qualità gli apicoltori chiedono alla Ue l’introduzione di etichette tracciabili per determinare la provenienza, come per il latte.
In Italia, gli apicoltori censiti sono 45mila e di questi 20mila detengono l’80% del patrimonio apistico nazionale, pari a 1,2 milioni di alveari.
Laura Cavestri – Il Sole 24 Ore – 9 agosto 2017