L’emergenza Pfas è costata ad Acque Veronesi almeno 700mila euro. Questo il costo degli interventi eccezionali per l’installazione di nuovi filtri per la depurazione negli impianti di Lonigo e di Almisano di Montebello, in provincia di Vicenza. Soldi a cui si aggiungono 2,8 milioni per l’ampliamento del comparto di accumulo e potabilizzazione della centrale di Lonigo.
Queste risorse sono state chieste alla Regione Veneto, ma che per il momento i soldi sono stati «prelevati» da un’altra opera in cantiere: l’acquedotto di Caldiero, struttura già pronta ma senza acqua circolante. Anche in questo caso c’entrano i Pfas, le sostanze perfluoro – alchiliche comparse nell’acqua del Basso Vicentino (e parte del Veronese, da Arcole fino a Terrazzo, passando per Cologna Veneta) nel 2013.
L’acqua che avrebbe dovuto alimentare le tubature di Caldiero era prevista arrivare sempre dai pozzi di Almisano. Ora l’azienda ha cambiato strategia e si pensa a dei nuovi pozzi, in zona, da cui estrarre acqua del tutto incontaminata. «Il costo – fa sapere il presidente Niko Cordioli – si aggira tra i 20 e 25 milioni di euro e anche in questo caso confidiamo nell’aiuto della Regione». In generale, afferma Cordioli «Acque Veronesi ha fatto il possibile per limitare la presenza di queste sostanze, agendo già dal 2013». Da più parti, a seguito degli esposti presentati nelle procure di Verona, Vicenza e Padova, è stato fatto notare che l’azienda partecipata non ha avviato nessuna azione legale: «Al momento non è possibile – dice Cordioli – dato che le procure stanno indagando contro ignoti. Se ci saranno sviluppi provvederemo con il nostro team di legali». (d.o.)
Corriere di Verona – 15 aprile 2016