Si riaccendono i semafori dei divieti alimentari. Dopo il caso dei semafori britannici, a rischio d’infrazione Ue, lampeggiano ora quelli scandinavi e francesi. Le etichette a semafori sono un sistema a colori – con il rosso, giallo e verde – con la dicitura alto/medio/basso in riferimento alla quantità di sale, zuccheri e grassi presenti negli alimenti. Con questo sistema tutti i prodotti principali della dieta mediterranea, dal Parmigiano reggiano al prosciutto di Parma, dall’olio d’oliva alla pasta, dai dolci alle salse vengono colpiti dai bollini rossi. Una evidente contraddizione con il sistema delle Denominazioni europee (l’Italia ha 269 Dop), che riconosce bontà e sicurezza. «L’iniziativa di Bruxelles è fondamentale per le aziende italiane – interviene Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare –. Se la Commissione non avrà la forza di andare fino in fondo con Londra, si darà il segnale che ciascun Paese è libero di fare ciò che vuole. E la governance Ue andrà in pezzi».
Nemmeno il tempo di compiacersi per la bocciatura dell’etichetta a semaforo da parte della Commissione sicurezza alimentare del Parlamento europeo (che ne mette in discussione il fondamento scientifico) che Assolatte lancia un altro allarme: in Francia i consumatori spingono per inserire un sistema di etichettatura a 5 colori in un progetto di legge del ministero della Salute, ma finora il Governo ha resistito. In Scandinavia, invece, per apporre sulle confezioni il logo volontario – si basa sulle linee guida nutrizionali di Svezia, Norvegia, Danimarca e Islanda – dallo scorso 1° marzo gli alimenti devono rispettare livelli ancora più bassi di sale, zucchero e grassi saturi.
Alla fine i semafori sono parte integrante delle barriere non tariffarie che frenano il nostro export. «Le barriere tariffarie – sottolinea Adriano Hribal di Assolatte – e non tariffarie, come quelle sanitarie e veterinarie, sono spesso i motivi delle occasioni mancate per l’export italiano. Accade in India, in Sud Africa, dove i nostri container rimangono bloccati. In alcuni Paesi perché i nostri formaggi sono fatti con caglio animale o addirittura perché prodotti con latte crudo, come avviene per alcune eccellenze Dop. In Cina l’autorità doganale non si mette d’accordo con l’organismo di controllo sulla classificazione di un prodotto lattiero e anche qui si bloccano i container».
Lo scorso ottobre la Ue ha diffidato la Gran Bretagna dalla “pratica” dei semafori (si tratta di “consigli” contro la lotta all’obesità). «Se ci fosse un atto legislativo britannico per la Commissione sarebbe facile sanzionarli – commenta Paolo De Castro, presidente della commissione agricoltura del Parlamento europeo – Ora si sta verificando come siano cambiati i flussi commerciali in seguito a quel tipo di condizionamento delle scelte che sono i semafori» e se ci fosse una contrazione si potrebbe ipotizzare una restrizione del commercio. Nonostante i semafori nel 2014 l’export alimentare verso il Regno Unito è balzato del 7,6% a 2,6 miliardi. Federalimentare spiega che la crescita (a parte il -10% dell’olio) è stata agevolata dalla congiuntura favorevole ma qualora si indebolisse i semafori farebbero sentire i loro effetti negativi.
2 APRILE 2015 / IL SOLE 24 ORE