Dicono le università ricche (del Nord): questo sistema di finanziamento non ti fa andare oltre una certa soglia. Distribuisce risorse al ribasso e ci allontana dalla competizione europea. Spiega il rettore di Ca’ Foscari (Venezia), Michele Bugliesi: «Il nuovo impianto assegna parte della quota premiale secondo un modello che non premia i migliori. Il ministero dell’Istruzione ha sostituito due parametri, internazionalizzazione ed efficacia didattica, con un altro che premia non la performance, ma l’aumento di performance: non cresce il finanziamento pubblico per chi fa meglio degli altri, in assoluto, ma per chi fa meglio di se stesso rispetto all’anno prima». Se nel 2016 un ateneo prendeva dieci e un altro cinque e nel 2017 tutti e due migliorano del 10 per cento la loro performance, ecco, le due università oggi ricevono la stessa premialità. «Nel 2016 il primo avrebbe ricevuto il doppio del secondo». Venezia Ca’Foscari in questa stagione ha ottenuto 70 milioni di euro pubblici. È l’università che ha fatto diventare norma le “call” di docenti stranieri, nei prossimi tre anni vuole assumere cento prof in più, ha messo in cattedra i suoi vincitori di premi Erc, ha inaugurato in terraferma la laurea in Digital management con H-Farm. Eppure si trova con risorse diminuite dell’1,9 per cento. Dice il rettore Bugliesi: «Chi è già in alto ha più difficoltà a migliorare rispetto a chi viaggia a una velocità dimezzata. E se l’ateneo che va più lento è al Sud, e cresce del 10 per cento, riceve finanziamenti come se fosse cresciuto del 14. Il principio per cui si premia chi migliora è condivisibile, inaccettabile che questo vada a scapito di chi è già bravo».
Con la diminutio dell’internazionalizzazione sono stati puniti, quest’anno, l’altro ateneo di Venezia, lo Iuav, quindi i Politecnici di Torino e Milano. E l’Università di Bologna. Sul Fondo di finanziamento ordinario (Ffo) l’Alma Mater nel 2017 perde 6,9 milioni (su 361). Il delegato al bilancio, Angelo Paletta: «Quest’anno sono stati penalizzati atenei che hanno già performance alte. L’incentivo alle università del Sud e del Centro ha spostato sei milioni, un’operazione di solidarietà condivisibile ma che ora andrà discussa in Conferenza dei rettori».
Padova, altro ateneo dai grandi numeri, arretra di 5 milioni (su 265). E il suo Consiglio d’amministrazione esprime stupore e delusione elencando i successi interni (ricerca scientifica, reclutamento giovani, internazionalizzazione, tutela della qualità didattica e del diritto allo studio) a fianco di «un’importante riduzione del finanziamento alla nostra università ». Gianmaria Ajani, rettore di Torino (4,5 milioni in meno per i suoi dipartimenti), attacca: «Si fa meritocrazia su risorse in riduzione, le regole di finanziamento cambiano ogni anno a seconda di spintarelle varie e sono troppe, farraginose, contraddittorie. Impieghiamo mesi per fare un contratto e conosciamo l’entità del finanziamento pubblico a fine stagione. Così è difficile programmare. Non godiamo a sottrarre soldi al Sud, servono solo più risorse».
Il rettore di Bari, Antonio Uricchio, tiene il punto: «Abbiamo avuto un forte premio per il miglioramento della qualità della ricerca, a questa tornata della Vqr hanno scioperato solo 47 docenti, e poi abbiamo raggiunto gli obiettivi triennali e avuto un ristorno per la no tax area: molti studenti da noi hanno redditi sotto i 13mila euro. Gli atenei del Sud hanno ottenuto di più nel 2017, certo, ma l’85 per cento dei dipartimenti di eccellenza resta nel Centro-Nord. E riceveranno risorse aggiuntive».
Repubblica – 20 settembre 2017