La nuova Pac arriva all’Europarlamento, ma si tenta di modificarla. Bizzotto: «Il 40% in meno dei 420 milioni annuali» Sotto accusa i nuovi criteri degli aiuti diretti: stop al pagamento unico, previsto il contributo ad ettaro
Una sforbiciata di quelle galattiche. Con la riforma della nuova Pac l’agricoltura veneta rischia di perdere il 40% dei 420 milioni che riceve ogni anno dall’Unione europea. In soldoni si tratta di 168 milioni in meno che rischiano di piegare il settore. Siamo ad un punto importante del cammino: la riforma della politica agricola comunitaria è approdata all’Europarlamento che, nel nuovo ruolo di codecisore affidatogli dal Trattato di Lisbona, ha presentato le prime controproposte rispetto al testo elaborato dalla Commissione Europea.
NUOVA DISTRIBUZIONE. Tra i punti critici della riforma il più dibattuto riguarda la diversa assegnazione dei pagamenti diretti, ovvero quei finanziamenti annuali che ricevono le aziende agricole. Con la riforma 2014-2020 si abbandonerà il regime di pagamento unico, in buona sostanza basato sul criterio storico e sulla media che i singoli Paesi avevano ricevuto negli anni, per passare ad un sistema di aiuto forfettario ad ettaro. A pagarne le conseguenze regioni come il Veneto caratterizzate non tanto da immense superfici, ma da coltivazioni raccolte e di qualità
L’ATTACCO. «Non possiamo accettare ripartizioni economiche che si basino solo sull’estensione delle superfici agricole aziendali, che sarebbero penalizzanti per agricolture di qualità come quella italiana e veneta – dichiara l’europarlamentare leghista Mara Bizzotto -. L’Ue deve tenere in considerazione anche altri fattori come produttività, entità degli investimenti, qualità del prodotto e numero di lavoratori. Con questa riforma l’Italia, avendo superfici agricole modeste rispetto ad altri Paesi dove si predilige un’agricoltura estensiva, verrebbe duramente penalizzata: una ripartizione basata solo sulla superficie assegnerebbe al nostro Paese una quota di aiuti tra il 6% e 8% del totale dei fondi europei, rispetto all’attuale 10% e nonostante l’Italia realizzi il 12,6% della produzione agricola comunitaria».
STIME. «Secondo le stime delle associazioni di categoria il Veneto, che riceve oggi dall’Ue circa 420 milioni di euro l’anno – continua Bizzotto – con la redistribuzione dei fondi, riceverebbe circa il 40% di pagamenti diretti in meno. Penalizzazione inaccettabile per un settore che nel 2011 ha fatturato nella nostra Regione 4,8 miliardi di euro, grazie all’eccellenza dei prodotti al lavoro di qualità degli agricoltori».
GREENING. Non è l’unica criticità. Perplessità emergono anche sull’obbligatorietà del cosiddetto “greening”, cioè la componente ecologica voluta dalla Commissione che andrà a sommarsi a quella già esistente e che coprirà circa il 30% del bilancio dei pagamenti diretti. Rispetto a questa proposta della Commissione, il Parlamento europeo vuole proporre l’abolizione delle sanzioni a carico degli agricoltori che non possono aderire a questi vincoli ambientali. «Fissare al 7% l’estensione delle aree a finalità ecologiche, per quanto possa essere un nobile intento, significherebbe interferire in modo pesante sulle attività agricole e ridurre il potenziale produttivo di un’azienda – osserva l’europarlamentare -. Bisognerebbe ridurre almeno al 3% la superficie destinata al greening e lasciare agli Stati o alle Regioni flessibilità nel definire queste aree. E sarebbe opportuno ridurre dal 30 al 20% il peso massimo dei finanziamenti europei destinati alla componente ecologica, per non discriminare quegli agricoltori che non possono permettersi di destinare una parte della propria azienda al greening».
EMENDAMENTI. Le modifiche alla riforma saranno depositati entro il 10 luglio. Un testo di compromesso, tuttavia, difficilmente potrà vedere la luce prima del tardo autunno. La stessa riforma, che dovrebbe entrare in vigore il primo gennaio 2014 visto il calendario molto risicato e la mancanza di un accordo sul bilancio Ue, potrebbe slittare di un anno. La lobby scalda i motori.