Scambio di accuse tra i ministri che si rimpallano la responsabilità dello stallo. Scontro tra Alfano e Franceschini sulla giustizia. E se da lunedì aumenta l’Iva prezzi nel caos
I venti di crisi spingono l’aliquota Iva al 22 per cento. E congelano un nuovo rifinanziamento della Cig per 330 milioni e, soprattutto, la manovrina correttiva per rientrare sotto il tetto del 3% del rapporto deficit-Pil come ci chiede l’Europa. Il decreto messo a punto dal ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, era pronto ed era approdato sul tavolo del Consiglio dei ministri cominciato a tarda sera dopouna giornata convulsa e densa di tensioni nella “strana maggioranza”. Maèsubito tornato nel cassetto non appena a Palazzo Chigi è stato avviato l’atteso primo chiarimento politico, trasformatosi a tratti quasi in rissa verbale, con i ministri che si sono rimpallati la responsabilità dell’aumento dell’Iva.
A questo punto non è rimasto che attendere il passaggio in Parlamento preteso da Enrico Letta per l’inizio della prossima settimana. Con il risultato di bloccare lo stop all’aumento dell’Iva e il via libera a tutto il decreto. Il premier è stato chiaro: «In attesa del chiarimento si è reputato inevitabile il blocco di ogni decisione governativa su temi, anche rilevanti, di natura fiscale ed economica. La sospensione – ha aggiunto – è dovuta in particolare all’impossibilità di impegnare il bilancio su operazioni che valgono miliardi di euro senza la garanzia di una continuità nell’azione di governo e Parlamento».
Lo schema di decreto prevedeva anche tagli alla spesa accompagnati da dismissioni di immobili pubblici per recuperare gli 1,5-1,6 miliardi della “manutenzione contabile”. Un’operazione quest’ultimache, nonavendovincoli temporali, può essere recuperata anche nei prossimi giorni a patto che ci sia un governo pienamente operativo. Al contrario le possibilità di uno stop all’aumento dell’Iva dal 21 al 22% fino al 31 dicembre si riducono al lumicino. L’ok al congelamento dell’imposta sui consumi e servizi sarebbe ancora possibile fino alla mezzanotte del 30 settembre. Mal’intervento potrebbe essere realizzato solo nell’eventualità (nonproprio probabile) in cui la fiducia al governo venga rinnovata dal Parlamento prima di lunedì sera con un dibattito molto veloce e un voto altrettanto rapido.
Se non ci saranno sorprese dell’ultima ora, è probabile che il 1? ottobre l’aliquota Iva del 21% salga al 22 per cento. Un aumento che era stato ventilato nei giorni scorsi da Letta e Saccomanni ma che poi alla fine Palazzo Chigi e l’Economia si erano impegnati a scongiurare seppure ricorrendo alla leva fiscale con l’aumento di 2 centesimi delle accise sulla benzina da martedì prossimo (2,5 centesimi dal 2014) e degli acconti di novembre Ires e Irap sulle società dal 101 al 103 per cento. Misure bollate come una «schifezza» dal Pdl e bocciate in Cdm dal vicepremier Angelino Alfano. Che avrebbe avuto anche un acceso confronto con il ministro Dario Franceschini. Ainnescare lo scontro la richiesta dei ministri del Pdl di inserire nel chiarimento anche la questione giustizia. Quanto all’Iva, il ministro per gli Affari regionali Graziano Delrio, alla fine del Cdm, èstato categorico: «L’aumento a questo punto è inevitabile».
Dalla bagarre non sarebbe rimasto immune neppure il ministro Saccomanni, che si sarebbe difeso dai ripetuti attacchi ricevuti negli ultimi mesi, e anche ieri sera dal Pdl, ribadendo di aver solo cercato di svolgere al meglio il suo compito principale: difendere i conti pubblici. Proprio lungo questa direttrice va collocata la manutenzione contabile da 1,5-1,6 miliardi preparata dal ministro per rientrare subito sotto il fatidico tetto del 3% di deficit e mandare così un segnale rassicurante a Bruxelles. La “manovrina” poggiava su tagli semi-lineari alla spesa per oltre 400 milioni (dai quali sarebbero rimasti comunque esentati scuola, ricerca, fondo sviluppo e le opere per l’Expo 2015) e un’accelerazione delle dismissioni di una prima fetta di immobili dello Stato.
Alla fine del Consiglio dei ministri non poteva che consumarsi lo “scarica barile” sul mancato stop (almeno per ora) dell’aumento dell’Iva. Il vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri, definisce Saccomanni inadeguato e tutto il Pdl attacca i democratici. Per il Pd le colpe sono invece tutte del Pdl. Che – afferma il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta – si assume le conseguenze del mancato rientro immediato, come era necessario, sotto il tetto del 3% e dell’aumento dell’Iva».
Prezzi nel caos dal cinema ai professionisti
LE CATEGORIE INTERESSATE Non solo abbigliamento e prodotti per la casa ma anche le attività di parrucchieri ed estetisti e le prestazioni di notai e commercialisti
Per capire il caos che può scoppiare con il colpo di scena sull’Iva basta essere un negoziante di abbigliamento, un concessionario di auto o un rivenditore di prodotti per la casa. Lunedì prossimo andranno aggiornati tutti i prezzi, sempre che i partiti con un colpo di reni non trovino la quadra ed entro la mezzanotte di lunedì prossimo riescano a completare il «chiarimento», approvare il decreto e mandarlo in «Gazzetta Ufficiale». Tra oggi e lunedì saranno animati da un rinnovato interesse per la politica anche notai, avvocati, commercialisti, insieme a parrucchieri ed estetisti, mentre è sperabile che le case di software, vista la mala parata degli ultimi giorni, abbiano già preparato gli aggiornamenti dei programmi di contabilità.
Già, perché l’aliquota ballerina, ormai instradata verso l’aumento, interessa tutte le attività che per la nostra legge non sono meritevoli di una particolare tutela fiscale. Il 21%, 22% da martedì salvo nuove sorprese, è quella «ordinaria», che si applica ai beni e ai servizi quando non rientrano nell’aliquota ridotta al 10%, come capita per esempio ad alberghi, ristoranti e ad alcuni prodotti alimentari, o in quella super-ridotta al 4%, riservata in particolare a pane fresco, burro, latte, formaggi e ad altri alimenti di prima necessità, oltre che alla stampa quotidiana e periodica.
L’aliquota ordinaria, quindi, interessa praticamente tutti, come mostra il fatto che il suo aumento può portare nelle casse dello Stato oltre un miliardo da qui a dicembre, quindi più di quattro miliardi all’anno. Non è, insomma, l’aliquota del «lusso», perché se colpisce ovviamente gioielli e orologi non trascura le sedie per la cucina oppure i detersivi per lavare piatti o vestiti. Vestiti che, a loro volta, rientrano in pieno nel suo campo d’azione, insieme alle attrezzature sportive e a tutto ciò che ruota intorno al mondo di auto e moto. L’Iva al 21-22% è compagna abituale del divertimento, e insegue i contribuenti al cinema, oppure allo stadio quando vanno a vedere concerti o partite di calcio. Anche lo sport “giocato” rientra nell’aliquota ordinaria, che si applica in palestra e in piscina, e colpisce pedane e attrezzi sportivi. Terminato l’esercizio fisico, possiamo tornare a casa e rilassarci con un film o un cd: l’Iva ordinaria è lì accanto a noi, applicata al televisore o all’impianto stereo (ma anche al frigorifero e alla lavatrice, e allo stesso divano su cui siamo seduti). E nemmeno trascura i contribuenti lontani dai divertimenti, perché li segue fin dall’avvocato o dal commercialista.
Anche i professionisti, quindi, in questi giorni seguiranno con infastidita passione le contorsioni della maggioranza, nella speranza (probabilmente vana) di una soluzione in extremis. Con l’aumento c’è da rimettere mano alla contabilità, ma anche ai «pro forma» emessi in questi giorni e destinati però a trasformarsi in fattura vera e propria da martedì in poi. L’importo a carico del cliente cambierà, perché in generale, per le prestazioni di servizi conta il momento della fatturazione, e bisognerà spiegarglielo. Lo stesso accadrà per molti lavori in casa, avviati prima dell’aumento e destinati a finire, e sfociare nel pagamento, con le nuove regole. Sempre che, nel frattempo, non intervenga qualche nuovo fattore a complicare ulteriormente la vita.
Il Sole 24 Ore – 28 settembre 2013