
I produttori italiani: stop all’importazione di mascherine fuori norma. Nei primi quattro mesi dall’estero 769,4 milioni di prodotti (+120%)
Lo scorso anno il Governo e le regioni hanno stanziato decine di milioni proprio per aumentare la produzione nazionale di mascherine. «Quei finanziamenti sono andati soprattutto a chi produce mascherine chirurgiche e di “comunità” non certificate e non utilizzabili negli ambienti professionali – continua il presidente -. Molti associati hanno puntando soprattutto sulle Ffp2 e Ffp3, le più efficaci nel filtrare l’aria e proteggere. È stato accolto l’invito del Governo di potenziare la produzione e sono pronti a garantire una catena di approvvigionamento e fornitura di materiale solida per la sicurezza di tutti». Insomma basta all’import selvaggio di mascherine “made in China” di dubbia efficacia, con false certificazioni e molto spesso oggetto di sequestri come si è visto nelle ultime settimane.
Nel 2020 l’import di mascherine ha visto un +1.424% sul 2019 per un controvalore di quasi 3,2 miliardi di cui il 90% importato dalla Cina. L’export invece è raddoppiato e ha superato i 200 milioni. Per Assosistema l’import indiscriminato crea due problemi: un rischio per la salute degli utilizzatori oltre a un peggioramento delle condizioni di mercato dei produttori made in Europe a causa dei prezzi fuori mercato, tecnicamente sarebbe dumping, dei prodotti importati. Un import selvaggio per altro continua. Nei primi quattro mesi del 2021 l’agenzia delle Dogane ha sdoganato 769,4 milioni di maschere contro i 344,5 milioni dell’intero 2020.
Import più che raddoppiato (+127%) per gli indumenti di protezione come le tute di protezione, camici impermeabili, camici chirurgici monouso e riutilizzabili oltre ai Dpi per le mani, il cui valore ha raggiunto i 595 milioni. Anche qui c’è la possibilità di importare e impiegare Dpi privi di marchiatura Ce. Quasi i due terzi arrivava dalla Cina mentre una parte della produzione nazionale è stata esportata, per un controvalore di quasi 420 milioni, verso gli Usa, Hong Kong, Germania, Giappone.
«Con l’obiettivo di ottenere un mercato competitivo e sano abbiamo avviato un confronto con la struttura del Commissario straordinario Figliuolo e con il Mise – conclude Galbiati –. In particolare, abbiamo chiesto: l’abolizione del processo di autorizzazione in deroga dei Dpi non marcati CE; un quadro chiaro sui quantitativi dei Dpi necessari al settore sanitario e industriale per la gestione dell’emergenza ad oggi e per il dimensionamento delle scorte strategiche per il futuro e un rafforzamento dei controlli sui prodotti immessi. Siamo in attesa di risposte concrete».
enrico.netti@ilsole24ore.com