Vedi alla voce tagli di spesa della Relazione tecnica e, soprattutto, delle numerose tabelle allegate, e ritrovi solo una parte degli aggregati anticipati nelle slides del Consiglio dei ministri di mercoledì 15 ottobre. Una distanza che fotografa tutta la lontananza tra comunicazione politica e realtà amministrativo-contabile.
Il contributo dei ministeri alla manovra di finanza pubblica 2015 si articola in interventi di taglio su missioni e programmi, con un impatto di 2,3 miliardi circa in termini di indebitamento netto (2,5 se si guarda al saldo netto da finanziare). Una cifra di risparmio che sale di qualche centinaio di milioni nel 2017, a 2,450 miliardi.
La cifra è notevole ma, appunto, lontana dai 6,1 miliardi di tagli alle spese (correnti e in conto capitale) che erano stati cifrati nelle slides per le amministrazioni centrali dello Stato. Che cosa manca? Sicuramente i tagli sugli acquisti di beni e servizi, di cui non si trova traccia in Relazione né nelle tabelle. Mentre sono ben evidenziate le altre voci aggregate che concorrono a determinare il risultato di minori spese per circa 15 miliardi sull’indebitamento dell’anno venturo. Ci riferiamo ai 4 miliardi di minori trasferimenti alle regioni ordinarie e agli statuti speciali, al miliardo di minori trasferimenti ai comuni e al miliardo e 200 milioni di tagli alle province e alle città metropolitane. Altre voci sono ben cifrate e tabellate (è il caso degli interventi sugli altri enti centrali di cui scriviamo in pagina) ma per importi più modesti, come per esempio di 10 milioni di tagli al budget della Presidenza del Consiglio dei ministri o i 2 milioni in meno che verranno riconosciuti all’Istat per finire con i 100mila euro in meno che verranno garantiti all’Autorità nazionale anticorruzione guidata da Raffaele Cantone. Tra i tagli confermati anche quello del 5% sul trasferimento dell’incasso del canone Rai da parte dell’Erario all’azienda di Stato. Altra voce importante da considerare ai fini del calcolo delle minori spese la riprogrammazione delle risorse del Piano di azione coesione: vale 1 miliardo sull’indebitamento netto del 2015 e verrà utilizzato in parte anche per coprire gli interventi previsti sugli ammortizzatori sociali.
Tornando ai ministeri gli interventi di riduzione della spesa 2015 per 2,3 miliardi si suddividono in circa 1,154 miliardi di spesa corrente e in 890 milioni in conto capitale. A guidare la classifica sono i primi cinque ministeri di spesa: la Difesa con 767,5 milioni, l’Istruzione con 474,4 milioni, il Lavoro con 455,2, l’Economia e la Giustizia, rispettivamente con 211 e 102 milioni.
Sul conto dei tagli al ministero del Lavoro la voce più cospicua è certamente quella legata alla riduzione di 200 milioni del fondo per finanziare la decontribuzione sui contratti di secondo livello legati alla produttività. Altri 50 milioni sono invece frutto di un nuovo taglio secco al bilancio Inail (su una spesa aggredibile di 380 milioni già ridotta del 40% da precedenti interventi lineari), e altri 50 milioni sull’Inps, cui si aggiungono 19 milioni legati in parte all’operazione di spostamento del pagamento delle pensioni al 10 del mese per chi percepisce l’assegno Inps e quello dell’ex Inpdap.
Diverse le voci che concorrono a comporre il risparmio sul Miur. Lo stop alle supplenze docenti di un solo giorno farà risparmiare 45 milioni. Un po’ di meno, 21,3 milioni, sono invece le economie che arriveranno dalla razionalizzazione delle supplenze brevi e saltuarie del personale tecnico-amministrativo (gli Ata). Un po’ di più, 34,3 milioni, sarà il risparmio per effetto dell’abrogazione degli esoneri e semiesoneri per i collaboratori del dirigente scolastico. Il rientro a scuola di tutto il personale comandato, poi, cifra un taglio di 13,7 milioni. Mentre la riduzione di poco più di 2mila unità dell’organico Ata farà risparmiare 16,9 milioni (a regime, dal 2016, il risparmio sarà invece di 50,7 milioni).
Interventi a tutto campo per il ministero della Difesa, quello che nel conto tabellare della manovra dà più di tutti alla manovra 2015: si spazia dalla riorganizzazione del personale alla dismissione di immobili (220 milioni) e dai tagli sugli affitti fino alle norme di revisione dello strumento militare (66 milioni di minori spese sull’indebitamento netto).
Anche il ministero della Giustizia è interessato in maniera consistente delle riduzioni di spese. La parte del leone la faranno le uscite correnti (84,3 milioni) mentre quelle in conto capitale (gli investimenti) dovranno ridursi di 18,4 milioni. Manca in Relazione tecnica una traccia degli interventi previsti su specifiche voci di spesa.
Il Sole 24 Ore – 25 ottobre 2014