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I tagli e gli sprechi nella sanità. Dall’intesa Stato-Regioni un decreto legge in tempi rapidi. Medici e pazienti pagheranno gli esami inutili

Paolo Russo. Farsi prescrivere una tac o una risonanza quando non serve potrà d’ora in avanti voler dire pagarsela di tasca propria per intero e per i medici che prescrivono a vanvera perdere parte dello stipendio. Governo e Regioni dichiarano guerra a prescrizioni e ricoveri inappropriati con la manovra sanitaria da 2,3 miliardi approvata ieri, che il Governo trascriverà rapidamente sotto forma di decreto legge. Risparmi da ottenere oramai in meno di sei mesi e in misura analoga anche per il prossimo anno.

Entro 30 giorni un decreto ministeriale stilerà le condizioni che renderanno mutuabile un esame o un accertamento diagnostico. Per capire, nessuno pretenderà mai di far pagare una risonanza per un sospetto tumore ma bisognerà passare alla cassa se lo stesso accertamento è richiesto per un sospetto menisco di un ottantenne. E dovranno stare bene attenti anche i medici a non uscire fuori dal seminato, perché se non sapranno giustificare la prescrizione “ inappropriata” subiranno un taglio al salario accessorio.

Stop anche a ricoveri inutili o troppo prolungati nel tempo. In questo caso scatterà il taglio del 50% nel primo caso, del 60 nel secondo, delle tariffe rimborsate dalle Regioni agli ospedali, che a questo punto avranno tutto l’interesse ad accogliere solo chi non può cavarsela in ambulatorio o day hospital. L’intesa prevede poi la chiusura e il riaccorpamento dei reparti sottoutilizzati. Misura che farà perdere le stellette da primario a più di un medico.

Chiuderanno invece i battenti le clinichette private convenzionate con meno di 40 posti letto, salvo quelle mono specialistiche.

Per la stretta sui farmaci da 500 milioni bisognerà attendere il 30 settembre, quando l’Aifa, l’Agenzia nazionale del farmaco, definirà “i raggruppamenti di medicinali terapeuticamente assimilabili”. Quelli ritenuti parimenti efficaci per la cura di una malattia. A quel punto la stessa Aifa chiederà all’industria di ridurre i prezzi a livello di quello più basso, anche spalmando il sacrificio su più prodotti. In caso di mancato accordo scatterà la riclassificazione delle pillole più costose nella fascia C del prontuario, quella delle medicine a totale carico dell’assistito. Il fondo per i farmaci innovativi da 500 milioni l’anno, quello che serve a finanziare i costosi medicinali anti epatite o gli oncologici, rientrerà per ora nel generale budget per pillole e sciroppi, che in caso di sforamenti è ripianato dall’industria. Ma di questo e del più generale finanziamento della farmaceutica si continuerà discutere fino al 30 settembre in un tavolo ad hoc Governo-Regioni. La parte del leone, con 1,3 miliardi di taglio, la fa comunque la spesa per beni e servizi, sulla quale si interverrà tagliando del 5% i contratti di fornitura in essere. Una misura che lascia presagire una nuova ondata di ricorsi, sulla falsa riga di quanto accaduto dopo analoga misura varata con la spending review targata Monti.

Butta male anche per i produttori di dispositivi medici, cose come tac e risonanze. Anche loro dovranno rivedere al ribasso i contratti in essere e ripianare quota di eventuali sforamenti del proprio tetto di spesa: il 40% quest’anno, il 45 e il 50 i due successivi. In aggiunta ai 2,3 miliardi svaniscono infine anche i 300 milioni destinati al riammodernamento dei nostri a volte centenari ospedali.

La Stampa – 3 luglio 2015 

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