Vittorio Sabadin. Un gruppo di scienziati che partecipavano negli Stati Uniti a un congresso dell’American Society for Microbiology ha lanciato un allarme che i governi e i responsabili dei sistemi sanitari nazionali non dovrebbero sottovalutare. Un batterio contenente un gene chiamato Mcr-1 si sta diffondendo nel mondo a una velocità impensabile: scoperto 18 mesi fa, è già presente nel 25% dei pazienti ricoverati in ospedale in alcune aree della Cina, ed è stato individuato anche negli Stati Uniti e in altri 20 paesi.
L’Mcr-1 è resistente alla Colistina, l’antibiotico che era rimasta l’unica arma a disposizione dei medici dopo che la diffusione globale di batteri multi-resistenti sta rendendo inutili gran parte degli antibiotici normalmente in uso. L’ipotesi che in un prossimo futuro banali infezioni o interventi chirurgici di routine come un’appendicectomia possano mettere a rischio la vita dei pazienti è tutt’altro che infondata: forse la medicina tornerà ai tempi che hanno preceduto l’invenzione della penicillina da parte di Alexander Fleming nel 1928, quando si moriva per un’influenza o per una leggera ferita infetta.
Il governo britannico, le Nazioni Unite, il Wellcome Trust e i governi di altri paesi hanno organizzato questa settimana a Berlino una conferenza per discutere del problema e spingere le case farmaceutiche ad accelerare la ricerca in modo da trovare presto una soluzione. Gli antibiotici sono stati usati negli ultimi decenni in modo così massiccio da avere favorito la creazione di batteri estremamente resistenti, che i medicinali non riescono più a combattere. Per questa ragione molti medici avevano fatto ricorso alla Colistina, un antibiotico nato negli Anni 50 che era in disuso anche a causa dei pesanti effetti collaterali sui reni. Nonostante le complicanze che crea, il farmaco era di nuovo considerato “meglio che niente” in numerosi trattamenti di batteri multi-resistenti. La diffusione dell’Mcr-1 rende ora inutile anche quest’ultima arma e gli esperti sono seriamente preoccupati. «Il mondo rischia di trovarsi di fronte a un’apocalisse antibiotica – ha detto al Guardian Sally Davies, Chief Medical Officer del Regno Unito -. Se non si fa qualcosa, operazioni di routine e semplici ferite potranno diventare mortali». Attualmente 700 mila persone muoiono ogni anno per infezioni resistenti agli antibiotici e questo numero salirà a 10 milioni nel 2050. La tubercolosi, tornata a diffondersi nel mondo nella forma resistente Mdr-Tb, uccide già ogni anno 190 mila persone e il numero delle vittime crescerà esponenzialmente se non si farà qualcosa.
La resistenza agi antibiotici metterà a rischio molte delle moderne procedure mediche: i trapianti diventeranno impossibili, le infezioni saranno molto più frequenti, gli interventi gastrointestinali saranno a rischio, mentre anche la chemioterapia e i tagli cesarei dipendono dagli antibiotici. Questa situazione «rappresenta il pericolo più grande per l’umanità in anni recenti» ammoniscono gli scienziati. Sir Jim O’Neil, che parlerà al convegno di Berlino, dà la colpa ai medici, «che dovrebbero smetterla di prescrivere antibiotici quando non è necessario, come purtroppo si fa dagli Anni 50». Ma le responsabilità sono più diffuse e coinvolgono anche in larga misura gli allevamenti di bestiame e di pesci, nei quali antibiotici come la Colistina sono massicciamente usati per incrementare la produzione e guadagnare di più. In India, il fiume Gange è così inquinato da antibiotici provenienti dagli allevamenti da essere diventato una zuppa primordiale nella quale nascono i super-batteri che mettono a rischio le nostre vite. A Berlino si cercherà di convincere il mondo che è ora di fare qualcosa.
La Stampa – 9 ottobre 2017