Il ministro della Salute interviene dopo l’articolo sulla nomina di direttore generale della programmazione e della prevenzione. Sessanta giorni fa, visti la specificità dei requisiti e le segnalazioni ricevute, il Fatto.it aveva depositato presso un notaio una scrittura datata e certificata con i nomi che poi sarebbero usciti vincitori dalla “procedura di interpello”: Renato Botti e Ranieri Guerra. “Caro Direttore, esclusivamente per la stima sincera che ho per il vostro lavoro e a tutela della verità dei fatti, mi preme riportare qui di seguito alcune precisazioni sulla vicenda degli incarichi dirigenziali di cui il Suo giornale si è occupato ma, spiace dirlo, attraverso una lettura dei fatti che è risultata fuorviante. In questa vicenda colpisce soprattutto l’utilizzo di una suggestione pura e semplice, come cartina al tornasole di non si sa bene quale oscura macchinazione, dal momento che il vostro giornalista si guarda dall’indicare quale innominabile privilegio avrebbe partorito un percorso assolutamente cristallino e ordinario.
Si cercano allusioni quando nel caso di specie l’iter è chiaro e perfettamente aderente alle norme e ai regolamenti vigenti. È proprio qui sta la mia preoccupazione, nel ravvisare come una ricostruzione certamente suggestiva, ma assai lontana dalla realtà, sia forse servita più per alimentare quel clima che deve vedere la malizia o il dolo sempre e comunque in qualsiasi azione di un membro delle istituzioni.
– Prima precisazione: non c’è nessun “concorso o bando pubblico”. L’attribuzione di incarichi dirigenziali di prima fascia nei ministeri per la legge italiana, a cui anche il ministro della Salute è ovviamente tenuto, non richiede un concorso ne un bando pubblico. Per le posizioni in esame si è proceduto per trasparenza con un interpello pubblicato sul sito istituzionale del ministero, finalizzato a permettere l’acquisizione di manifestazioni di interesse da parte di dirigenti in servizio presso pubbliche amministrazioni statali. La differenza tra un concorso ed una procedura di interpello come lei può immaginare è piuttosto semplice: nel concorso vi è un bando ed una selezione aperta all’esterno della pubblica amministrazione, vi sono delle prove, spesso sia scritte che orali, una commissione esaminatrice, ed una valutazione comparativa tra candidati. Nei concorsi vige il principio di segretezza delle prove, poiché la Commissione deve valutare gli elaborati scritti senza conoscere l’identità del candidato. Tutto ciò nel caso specifico non era previsto, poiché per espressa previsione legislativa (art. 19, comma 1-bis, del D. lgv. n. 165 del 2001), non è previsto nelle procedure di semplice interpello per attribuire incarichi dirigenziali di prima fascia, ove non vi è un bando non vi è una commissione esaminatrice, non vi sono prove né scritte né orali e, pertanto, non trova applicazione il principio di segretezza tipico dei concorsi.
Gli incarichi dirigenziali di prima fascia, quelli relativi a dirigenti senior executive, rimangono nella sfera della selezione diretta meritocratica. L’interpello, infatti, è semplicemente lo strumento utilizzato per acquisire manifestazioni di interesse da parte di dirigenti della stessa o di altre amministrazioni statali, ma spetta poi alla valutazione del ministro scegliere il profilo manifestato che si ritiene più idoneo e conforme ai requisiti richiesti.
-La seconda precisazione riguarda le doti divinatorie di taluno che avrebbe racchiuso in un plico, il 1° agosto, i nominativi che si sarebbero rivelati i due nuovi direttori generali. Sul punto sono molto d’accordo con il suo articolista ma non penso ci troviamo in presenza di fenomeni paranormali, né di persone con il dono della veggenza per il quale gli augurerei stessa fortunata sorte al gioco.
L’interpello in questione infatti è stato pubblicato sul sito istituzionale del Ministero della salute il 24 luglio scorso. Il termine per la trasmissione delle manifestazioni di interesse scadeva il 4 agosto. Nei termini stabiliti, in data 30 luglio, tra le altre è pervenuta anche la manifestazione di interesse del dott. Raniero Guerra per la nomina a direttore generale della prevenzione. Tale manifestazione è stata trasmessa tramite posta certificata ed immessa nella piattaforma informatica del Ministero. Da quel momento numerose persone al Ministero erano ovviamente nelle condizioni di conoscere la candidatura del dott. Guerra e di conoscere il suo curriculum di elevato profilo. Come ho detto, non si tratta di un concorso e non vi è alcun segreto da preservare. Che qualcuno scontento o scosso dai cambiamenti abbia fatto da suggeritore alla novella Cassandra? Non lo so ma chiedo al solerte articolista e, se possibile a chi ha profetizzato le nomine, di svelare il presunto arcano.
Quanto alla nomina del direttore generale Botti la vicenda è ancor più semplice. All’interpello hanno risposto soltanto quattro dirigenti di seconda fascia interni, curricula di persone valide ma non in possesso dei requisiti richiesti per l’assunzione dell’incarico in questione che si volevano di elevata competenza. Per la cronaca, un aspetto che sfugge è che non essendo una ricerca coperta da segreto ma ben nota a tutto il mondo sanitario da mesi, le persone interessate ne hanno parlato liberamente tra i colleghi del ministero e fuori. Sul presupposto poi della vacanza del posto, il dott. Botti, in data 3 settembre scorso, ha pertanto trasmesso la sua manifestazione di interesse, allegando il suo curriculum, nel quale sono annoverati molteplici incarichi di gestione nel settore sanitario, da ultimo quello di sub commissario ad acta per la gestione del piano di rientro della Regione Lazio con risultati di eccellenza riconosciuti. Ricorrendo i presupposti previsti dall’art. 19, comma 6 del d. lgv. n. 165 del 2001 e tenuto conto delle significative esperienze professionali svolte nel settore del management sanitario, il dott. Botti è stato pertanto nominato direttore generale della programmazione sanitaria.
Era difficile prevedere la nomina del dott. Botti? Suggerisco di verificare la rassegna stampa agostana, nella quale scoprirà articoli di noti quotidiani nazionali che già anticipavano la volontà del dott. Botti di proporsi per l’incarico ministeriale e, considerata la stima per il valore professionale, ne ero certamente felice. Avrei dovuto astenermi dal proporre la nomina del dott. Botti perché qualcuno, o lui stesso, ne aveva svelato la volontà di candidarsi per una direzione generale del mio ministero? E in virtù di quale norma o principio? Ho fatto ciò che la legge mi chiede di fare e che ritengo giusto per una collettività che merita i migliori profili di eccellenza interni ed esterni al loro servizio.
Inoltre serve un cambio di passo rispetto al passato che garantisca, nel rispetto delle procedure vigenti, gli obiettivi di interesse pubblico attribuiti a due direzioni generali strategiche del mio ministero quali la programmazione sanitaria e la prevenzione.
-Una terza precisazione si impone con riferimento ai requisiti richiesti per l’assunzione dei due incarichi dirigenziali. Gentile Direttore Lei giustamente non può sapere che la Corte dei conti, Organo di controllo degli atti dei Ministeri, proprio in occasione di una precedente nomina di un direttore generale del Ministero della Salute ha censurato un interpello con requisiti troppo generici, in quanto non garantiva l’individuazione precisa delle professionalità idonee a ricoprire gli incarichi dirigenziali di prima fascia. Il problema, pertanto, si pone in termini esattamente opposti rispetto a ciò che viene scritto nel Suo quotidiano. I requisiti degli interpelli devono essere tarati sull’ attività che il direttore generale è chiamato a svolgere e sugli obiettivi che la legge ed i regolamenti di organizzazione impongono alla direzione. Un interpello a maglie larghe, non solo lascia margini amplissimi di apprezzamento, ma non permette di cogliere tali obiettivi e perciò è considerato illegittimo dalla Corte dei conti che al contrario, nel caso specifico, e fatte le valutazioni necessarie, ne ha confermato la piena conformità alla legge. Il ministero si è limitato ad applicare la legge e le indicazioni dell’organo pubblicistico di controllo, che infatti, registrandoli, ha certificato la legittimità dei due incarichi dirigenziali in discussione.
Se poi vuole anche scendere nel merito dei requisiti nella specie richiesti per assumere i due incarichi, ho già dichiarato e ribadisco in questa sede che per dirigere la programmazione sanitaria e dialogare al tavolo tecnico con gli omologhi dirigenti della Ragioneria Generale dello Stato occorrono capacità manageriali, saper approfondire con le dovute competenze un conto economico e un bilancio di una ASL e di una Regione.
Come è fondamentale, se si vuole mirare all’eccellenza, saper coordinare tutte le politiche di prevenzione a fronte di emergenze sanitarie come Ebola o le patologie connesse al fenomeno della immigrazione clandestina, una notevole esperienza internazionale, la conoscenza delle lingue e dei recenti fenomeni migratori. Sono sicura della scelta meritoria di due profili affermati e di valore come Botti e Guerra che spero non mi deluderanno in questa nuova sfida.
Mi creda, è noto anche a me l’insegnamento latino “quieta non movere”. Ma vede, penso che un ministro della Repubblica debba rispondere delle proprie azioni ai cittadini italiani ed è chiamato pertanto ad assumere decisioni e conseguenti responsabilità. E’ per questo che non posso barattare con niente e con nessuno l’onere di decidere. Ed è per questo che al motto “quieta non movere” preferisco quello “mota quietare”.
Buon lavoro, Beatrice Lorenzin
LA RISPOSTA DEL FATTO.IT
Gentile Ministro,
il direttore Peter Gomez mi chiede di rispondere a questa lunga e interessante replica sulla vicenda degli incarichi di direttore generale appena conferiti a Renato Botti e Ranieri Guerra e alla ricostruzione che ne ho dato nei miei articoli.
Nel merito vorrei ricordare ai lettori che la procedura di interpello non è una gentile concessione dei ministri col pallino della meritocrazia e della trasparenza ma un preciso obbligo di legge cui devono attenersi. Con questo istituto il legislatore ha infatti disciplinato la procedura che porta al conferimento di incarichi che non possono essere attribuiti direttamente per nomina politica diretta. Parafrasando è la garanzia che lo Stato mette al rischio di ritrovarsi i Fiorito di turno a capo delle strutture centrali della Pubblica Amministrazione. Il tutto a tutela del “buon andamento, dell’imparzialità e della trasparenza finalizzate al perseguimento dell’interesse pubblico e all’efficacia dell’azione amministrativa”.
La Corte dei Conti non ha detto solo questo. Si è espressa più volte specificando che la natura pubblicistica dell’interpello prevede che gli sia attribuita EVIDENZA PUBBLICA, in particolare attraverso la pubblicazione della vacanza dei posti e della ricognizione in corso sul sito istituzionale dell’amministrazione. Su questo punto vorrei sentire il suo impegno alla trasparenza: se la pubblicazione degli avvisi avviene nell’ultima delle sottopagine del sito ufficiale del Ministero, giocoforza all’appuntamento si presenteranno in pochi, anzi meno. Pochissimi, quasi nessuno è meglio. Come poi è effettivamente accaduto, a scapito di altri potenziali e forse meritevoli candidati che non hanno avuto l’informazione perché ben nascosta dietro una serie di pagine e bottoni da cliccare. Li riepilogo a memoria (tante volte l’ho fatto!): sito del ministero, area “ministero e ministro”, sezione “amministrazione trasparente” (sic!), cliccare sull’area “personale”, poi il link “dirigenti”, infine il bottone “posti di funzioni disponibili”. Ecco, fin laggiù bisognava arrivare per averne evidenza pubblica. Non ritiene, gentile Ministro, che questo possa aver contribuito alla curiosa circostanza per cui, a fronte di incarichi apicali di grandissimo peso, siano pervenute una manciata di candidature? In uno dei due casi addirittura solo quella del candidato desiderato, per sua stessa ammissione postuma.
Aggiungo che uno dei due candidati, Renato Botti, sempre su sua indicazione era stato incaricato dal governo di affrontare l’emergenza dei conti della sanità laziale, la più indebitata d’Italia. Incarico conferito senza scadenza, come tutti quelli commissariali, perché il termine naturale si presume coincida con la fine dell’emergenza che li ha necessitati. Invece il “suo” subcommissario, sempre per suo espresso desiderio, viene ora nuovamente promosso e dopo soli 10 mesi lascia l’incarico, senza per altro aver portato a compimento il lavoro.
Cordiali saluti e buon lavoro
Thomas Mackinson
Il Fatto quotidiano – 5 ottobre 2014