Ne abbiamo sentiti tanti, in questi anni, di annunci. Tagli ai costi del Parlamento, sforbiciate alle spese dei consigli regionali, abolizione dei vitalizi. Annunci «roboanti», come li definisce Roberto Perotti, professore della Bocconi che ha avuto il privilegio di vedere la bestia dall’interno. Per poco più di un anno è stato consigliere economico di Matteo Renzi per la revisione della spesa.
Poi si è dimesso, ritenendo non mantenuto l’impegno di tagliare 10 miliardi di sprechi annunciato dal governo, mentre la legge di Stabilità risparmiava i costi della politica e i privilegi della burocrazia. Lo racconta egli stesso nel suo libro Status quo. Perché in Italia è così difficile cambiare le cose (e come cominciare a farlo) che Feltrinelli manda in libreria domani.
«Tra il 2012 e il 2014 la spesa della Camera è diminuita di circa 37 milioni, il 3,7%, cioè l’1,8% all’anno. Una riduzione modestissima», secondo Perotti, «per di più dovuta a un’unica voce: il personale dipendente. La spesa per i deputati è scesa di poco più dell’1%, la spesa per vitalizi dei deputati e pensioni dei dipendenti è aumentata di quasi 25 milioni». Insomma, una battaglia contro i mulini a vento. Eppure, argomenta Perotti, basterebbe dare un’occhiata ai numeri di altre democrazie europee. Il Regno Unito, per esempio, ha dimensione del Pil e popolazione paragonabili alle nostre. L a britannica House of Commons conta 650 deputati contro i 630 di Montecitorio. Al netto delle pensioni costa però 670 mila euro per ogni eletto, circa il 30% in meno dei nostri 937 mila. Se la Camera dei deputati spendesse come l’omologa istituzione del Regno unito, è la conclusione, risparmieremmo 130 milioni netti l’anno.
Un po’ quello che ha verificato Perotti anche paragonando la Rai alla Bbc. La tivù britannica ha 21.876 dipendenti, costo medio 60.389 euro, e 444 dirigenti. Quella italiana ha invece 12.857 dipendenti da 77.234 euro e 622 dirigenti. Il direttore della Bbc Tony Hall guadagna 492 mila euro. Quello della Rai Antonio Campo Dall’Orto, 650 mila. E se «il compenso del direttore generale della Bbc è diminuito del 32 per cento», nota Perotti, «alla Rai è rimasto invariato».
Altri 130 milioni li porteremmo a casa con il taglio dei vitalizi degli ex politici, per cui il presidente dell’Inps Tito Boeri aveva proposto una riforma che avrebbe toccato «in modo consistente» solo i trattamenti superiori ai 50 mila euro l’anno. Ma siccome la sua idea è stata respinta con perdite, ecco che ogni italiano (neonati e centenari compresi), ha calcolato Perotti, continua a spendere 7 euro l’anno per mantenere 5.805 vitalizi. Il bello è che la maggior parte di essi, 3.442, riguarda gli ex consiglieri regionali.
E proprio le assemblee delle Regioni, a dispetto dei tanti proclami, continuano a essere il buco nero più grosso. In Status quo il professore della Bocconi ricorda che nel 2012 il governo Monti impose un tetto ai compensi dei consiglieri: «La somma di indennità, diarie e rimborsi a forfait non avrebbe dovuto superare gli 11.100 euro lordi mensili per un consigliere senza altre cariche». Ebbene, si chiede Perotti: «Questo provvedimento ha cambiato veramente qualcosa?» Domanda più che legittima, a giudicare dai numeri. Vero è che il compenso medio lordo è sceso da 12.793 a 10.210 euro fra il 2010 e il 2016. Ma la riduzione del 20% è solo apparente se si guarda la paga netta. Quella è infatti calata solo del 5%, da 7.735 a 7316 euro. E «in ben nove Regioni il compenso netto è più alto nel 2016 che nel 2010!», chiosa l’autore.
Un bel trucchetto: hanno diminuito l’indennità di carica, tassata, aumentando i rimborsi spese, esentasse. Di più. Perché, scrive Perotti, «con l’abolizione dei vitalizi è stata eliminata anche la trattenuta corrispondente, che in qualche caso era considerevole. Niente di illegale, ma compensare l’abolizione dei vitalizi con un aumento del compenso netto non è esattamente ciò che intendeva chi aveva lottato per ottenerla».
Il Corriere della Sera – 14 settembre 2016