Sono stati revocati poco fa dal gip gli arresti domiciliari al sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, che torna quindi in libertà, pur restando indagato nell’ambito dell’inchiesta sul Mose. Lo ha confermato l’avvocato difensore di Orsoni, Daniele Grasso, che aveva fatto istanza al gip Alberto Scaramuzza. In tarda mattina il primo cittadino ha convocato una conferenza stampa in Comune.
Sono stati revocati dal gip gli arresti domiciliari al sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, che torna quindi in libertà, pur restando indagato per finanziamento illecito nell’ambito dell’inchiesta sul Mose. Lo ha confermato l’avvocato difensore di Orsoni, Daniele Grasso, che aveva fatto istanza al gip Alberto Scaramuzza.
Patteggiamento a 4 mesi. Il primo cittadino ha concordato, attraverso i suoi legali, con i pm dell’inchiesta un patteggiamento a quattro mesi e 15mila euro di sanzione. Sulla congruità del patteggiamento dovrà esprimersi il Gup.
Di nuovo in carica. Giorgio Orsoni è tornato sindaco a tutti gli effetti. La carica, era stata sospesa, dopo il provvedimento di arresti domiciliari. Oggi il prefetto ha revocato la decisione, sulla base di quanto prevede la legge Severino.
“Non mi dimetto”. “Mi sono fatto molti nemici, questo lo sapete tutti, e questo è lo scotto che sto pagando”, ha detto Orsoni in conferenza stampa. Scherzando con i giornalisti (“Sono molto felice di vedervi, i incontrarvi, dopo una settimana di riposo”), il sindaco ha ribadito la sua estraneità alla vicenda: “Credo che il provvedimento di revoca degli arresti domiciliari si commenta da solo, dopo un chiarimento con i pm lunedì. Era da un pezzo che chiedevo alla procura di fare chiarezza. Ho chiarito nel modo più inconfutabile che nessun coinvolgimento mio diretto, così come prospettato, è mai avvenuto”. E sull’ipotesi di lasciare la poltrona, Orsoni non ha dubbi: vuole restare al suo posto. “Sindaco, si dimette?”, ha chiesto un giornalista. “No”, si è limitato a rispondere, sottolineando di aver gestito la città ”nel modo migliore possibile”.
“Mazzacurati millantatore”. ‘Millantatore’: così Orsoni ha definito l’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova Giovanni Mazzacurati, che avrebbe dato delle buste con soldi al primo cittadino. ”Non ho mai pensato che i versamenti ricevuti fossero men che leciti – ha insistito-. E non so come quelle imprese che hanno fatto i versamenti si procurassero quei fondi. Solo al termine della campagna elettorale ho saputo chi aveva contribuito e chi no, secondo il resoconto del mio mandatario – ha aggiunto Orsoni, parlando della sua campagna elettorale nel 2010 -. Più volte ho incontrato l’ingegner Mazzacurati, anche in quanto mio cliente e fu lui a proporre di sostenere, attraverso canali che ritenevo fossero leciti, la mia campagna elettorale, come per altro faceva con quella degli altri”.
Offeso e sorpreso. Orsoni si toglie anche qualche sassolino dalla scarpe: “Mi addolora di più la distanza presa da parte di qualcuno nei miei confronti”, dice, senza fare nomi. Per sapere a chi si stia riferendo, il primo cittadino suggerisce ai cronisti: “leggete i giornali”. E conclude dicendo di sentirsi “offeso e sorpreso”.
La revoca. Il giudice ha ritenuto, anche dopo l’interrogatorio del sindaco, che non vi fossero più esigenze cautelari per Orsoni, arrestato il 4 giugno scorso, assieme ad altre 34 persone nell’ambito dell’operazione della Gdf su presunte tangenti e finanziamenti illeciti collegati agli appalti del Mose.
Le accuse. Secondo l’ipotesi accusatoria accolta dal Gip in sede di ordinanza, Orsoni avrebbe ricevuto fondi non dichiarati per la sua campagna elettorale per le amministrative del 2010. Di questi finanziamenti parla nei suoi interrogatori Giovanni Mazzacurati, allora presidente del Consorzio Venezia Nuova.
12 giugno 2014