La storia insegna che quando una mano (del governo) dà, l’altra prende. Ed è questo che oggi preoccupa maggiormente gli amministratori veneti: il pensiero che gli ottanta euro in più che finiranno nelle buste paga di dieci milioni di lavoratori italiani (un milione in Veneto) si trasformino in un costo insostenibile per gli enti locali che erogano servizi ai lavoratori veneti. Il timore è sempre quello delle sforbiciate lineari che – vuole tradizione – pescano dai territori dove i soldi sono stati risparmiati per rimpinguare le casse ormai esangui delle aree meno virtuose. Per far quadrare i conti e dare una copertura alle maggiorazioni degli stipendi (l’operazione costerà a livello nazionale circa 6,7 miliardi di euro), il governo ha deciso di imporre una stretta agli acquisti di beni e servizi delle pubbliche amministrazioni che vale 2,1 miliardi per il 2014 e quasi 5 miliardi per il 2015.
Il taglio peserà su Regioni, Province e Comuni un miliardo e quattrocento milioni. «Questa volta però i tagli non saranno lineari e premieranno gli enti locali più virtuosi», assicura il sottosegretario all’Economia Pierpaolo Baretta (Pd). «Gli enti locali avranno due mesi di tempo per mettersi d’accordo tra loro sui risparmi da fare – continua Baretta -. Solo se non riuscissero a trovare un’intesa ci sarà un intervento del governo che dirà cosa tagliare sulla base dei costi standard». La mediazione sull’applicazione dei risparmi avverrà tramite il confronto continuo con l’associazione dei Comuni (Anci) e la Conferenza delle Regioni. «È l’occasione delle Regioni per dimostrare la loro capacità di autoriformarsi senza ricorrere ai tagli lineari – interviene il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti (Sc) -. Siamo convinti che attraverso il dialogo e l’applicazione progressiva dei fabbisogni standard arriveremo a risparmiare nel medio periodo oltre dieci miliardi di sole spese sanitarie». Il governo rassicura così gli amministratori veneti lasciando intendere che «gli enti locali che soddisfano già la generalità dei parametri possono stare tranquilli che non subiranno tagli». «La maggior parte degli enti locali del Veneto sono in linea – continua Zanetti – E io sono determinatissimo a fare in modo che questi parametri diventino l’oggettivizzazione della virtuosità. Se poi qualche Regione che non soddisfa questi parametri continuerà ad opporsi alle riforme anche di fronte a dati oggettivi allora, nel nome del federalismo, dovremo ricorrere a un sano centralismo democratico».
A Roma però tutti sanno che il continuo rinvio dei costi standard è legato al fatto che alcuni territori più di altri sarebbero costretti a digerire tagli pesantissimi con conseguenze politiche ed elettorali altrettanto pesanti per quegli amministratori che hanno basato la loro forza proprio sugli sprechi (o che comunque non vogliono essere responsabili della chiusura dei rubinetti aperti dai loro predecessori).
Non c’è dubbio quindi che alcune Regioni (e alcuni grandi Comuni) daranno una battaglia senza quartiere per rendere i tagli più lineari possibili e rinviare i fabbisogni standard a data da destinarsi. «Parto dal presupposto che con i miliardi usati per dare ottanta euro ad alcuni lavoratori si poteva stimolare meglio l’economia creando nuovi posti di lavoro – ribatte il governatore Luca Zaia -. Ma quello che mi preoccupa di più è che la manovra al momento è chiara soltanto a Renzi e alla sua cerchia e il resto della maggioranza non sa ancora che cosa succederà veramente. Spero che i veneti a Roma facciano fronte comune perché finora il disegno del governo è stato quello di cancellare le Regioni, mi stupirebbe un’azione di segno contrario». «L’impressione è che si tratti della solita operazione di vetrina delle campagne elettorali – rincara la dose l’assessore al Bilancio Roberto Ciambetti -. Se è vero che i tagli non saranno lineari siamo contenti perché il Veneto è una regione benchmark (parametro di riferimento) per tutto il Paese, ma ne abbiamo sentite e viste troppe».
Se il governo non avesse la forza di imporre i tagli agli enti locali meno virtuosi e ancora una volta le coperture si trovassero con interventi uguali per tutti, il Veneto si troverà a dover versare a Roma circa 140 milioni di euro. E alla fine dei conti, gli 80 euro in più per i lavoratori veneti si tradurebbero in una riduzione dei servizi.
Alessio Antonini – Corriere del Veneto – 20 aprile 2014