Matteo Renzi sfida il Pd a diventare il partito degli onesti. «Se qualcuno di noi, nelle vicende in corso, ha informazioni o notizie di reato, vi prego, per rispetto ai volontari delle Feste de l’Unità salga i gradini del palazzo di giustizia e vada a raccontare tutto ai magistrati».
Non è «ansia di giustizialismo», spiega il segretario all’assemblea nazionale che si è svolta ieri. Semmai un simile atteggiamento permetterà al Pd di avviare una seria riforma della giustizia.
Le assise eleggono anche il nuovo presidente. È Matteo Orfini, 40 anni, capo della corrente dei giovani turchi che viene votato a larga maggioranza lasciando l’amaro in bocca ai bersaniani e al gruppo di Pippo Civati, che si è astenuto per la mancanza di discussione sulla scelta.
Ma è un ulteriore passaggio che segna la presa di Renzi sul partito perché il nome di Orfini è stato scelto dallo stesso premier nella notte di venerdì.
La relazione è il primo discorso del leader dopo il clamoroso successo delle Europee: «Siamo il partito della nazione». Grillo è un pericolo ormai molto lontano. «Il Movimento 5 stelle sta facendo questa trionfale marcia su Roma, in tre anni hanno preso tre capoluoghi, di questo passo in 105 anni prenderanno l’Italia».
È anche l’occasione per fare il punto sulle riforme: «Non sono un capriccio, non ci possiamo fermare». A Corradino Mineo arriva un messaggio chiaro.
Non ci sarà alcune ripensamento e nessuna trattativa. «Noi non mandiamo via nessuno, ma non possiamo permettere a qualcuno di ricattare con la sua presenza la posizione del Pd».
Durissimo il commento sulla battuta di Mineo riferita a un Renzi autistico: «Prenditela con me ma lascia stare i bambini disabili, le famiglie che soffrono». Renzi annuncia anche un cambiamento nella Rai (deve «essere davvero servizio pubblico e compiere un’azione culturale, «la discussione va aperta sul serio»), il quoziente familiare in uno dei prossimi provvedimenti e per le coppie gay la «civil partnership» nel 2015 secondo gli impegni della «nostra campagna elettorale».
Tra le voci critiche quelle di Stefano Fassina e Walter Tocci, uno dei 14 senatori “autosospesi” dopo la sostituzione di Mineo in commissione Affari costituzionali: «Un atto d’imperio inutile», lo ha definito Tocci. Non è invece intervenuto alla assemblea Pippo Civati, che ha escluso la creazione di un gruppo autonomo: «Ma Renzi sta combattendo una battaglia prepotente».
Repubblica – 15 giugno 2014