Marco Sodano. Con la nuova legge di stabilità «le famiglie dovrebbero beneficiare di una riduzione della pressione fiscale di circa un miliardo». Il Tesoro risponde in tono perentorio (ma al condizionale) al calcolo della Cgia di Mestre, che sabato ha lamentato un rincaro fiscale da 1,1 miliardi per il 2014.
Secondo il ministero dell’Economia le famiglie saranno toccate «solo parzialmente dall’aumento dell’imposta di bollo sugli strumenti finanziari e dalla revisione delle detrazioni» (a botta calda, sabato, il viceministro Fassina aveva già spiegato che i rincari riguardano le banche) mentre beneficeranno di sgravi Irpef per 1,5 miliardi e «di un intervento da un miliardo per i comuni che ridurrà l’impatto delle imposte sugli immobili».
Gli uomini di Saccomanni non accettano l’etichetta di gabellieri: «per la prima volta negli ultimi anni la manovra riduce la pressione fiscale di un decimo di punto percentuale, segnando un’inversione di tendenza». Che nei prossimi anni sarà ancora più marcata se la revisione della spesa pubblica otterrà gli effetti sperati. Il balletto delle tasse continua, e si è già capito che in Parlamento, da lunedì prossimo, la discussione sulla manovra girerà intorno alla casa.
Per il Pdl torna alla carica Daniele Capezzone, accusando la temuta service tax di contenere diverse «fregature». Il succo è il timore che alla fine costi più dell’odiata Imu. Vero che il governo ha già aperto alla possibilità di esenzioni (oggi non ce ne sono), ma gli immobili restano un nervo scoperto. Perché l’apertura sugli sconti è compensata dalla possibilità di alzare l’aliquota concessa ai Comuni. Sulla service tax ieri Fassina ha sbottato: «Perché una parte del Pdl ora critica? Ha cambiato idea o è un attacco strumentale per coprire la vicenda giudiziaria di Berlusconi?».
Il clima non è dei più sereni, ciò che non aiuta in vista delle previsioni economiche d’autunno di Bruxelles (in arrivo domani) e dell’esame della legge di stabilità che l’Europa farà il 15 novembre. Secondo il sottosegretario all’Economia Pierpaolo Beretta possiamo stare tranquilli: l’Italia passerà l’esame perché «non sforerà il vincolo europeo del 3% nel rapporto-deficit/Pil» e può contare su «un margine sufficientemente ampio». Solo che quando comincerà l’esame della legge di stabilità in Parlamento tutti proveranno a rosicchiare quel margine, ammesso che ci sia davvero. Lo ammette lo stesso Beretta, che aggiunge: «se mai il problema è la certezza delle coperture finanziarie. Qui ci vengono in soccorso le clausole di salvaguardia», meccanismi automatici che compensano le uscite in eccesso con aumenti di imposte o tagli di spesa.
Gli uni e gli altri, alla fine, rischiano di finire comunque nelle tasche delle famiglie italiane, anche se lo stesso Beretta si dice sicuro che non sarà necessario applicare le clausole «puntiamo molto sulla spending review». La Cgia di Mestre, a sua volta, ha risposto al ministero: se gli aumenti riguardano le banche è chiaro che queste scaricheranno i costi aggiuntivi sul mercato, e sempre delle famiglie si tratta. Che, d’altra parte, hanno già fatto esperienza con l’Imu: cancellata quella, è arrivata una serie di altri prelievi compensativi – dall’aumento dell’Iva alla formulazione della nuova Tasi – che danno l’impressione di un vantaggio fiscale che si assottiglia di giorno in giorno e di annuncio in annuncio.
«Basta con i numeri dati a caso sulle tasse», ha commentato ieri il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato. Senz’altro le famiglie italiane condividono, magari sperando che anche per gli annunci, d’ora in poi, si adotti una specie di clausola di affidabilità.
La Stampa – 4 novembre 2013