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In pensione a 63 anni, ma solo con una parte. La proposta Inps per il dopo Quota 100. Ma i sindacati non ci stanno

Repubblica. Super Ape Sociale e Ape contributiva: sono i due canali allo studio del governo per anticipare la pensione e garantire una flessibilità in uscita dopo la fine di Quota 100, il prossimo 31 dicembre. Il pacchetto in manovra potrebbe valere 5-6 miliardi, inclusa la rivalutazione delle pensioni all’inflazione.
Vediamo di cosa si tratta. L’Ape sociale è un’indennità ponte – l’acronimo sta per Anticipo pensionistico – per traghettare alla pensione alcune categorie di lavoratori fragili o impiegati in attività pesanti o gravose: consente di uscire a 63 anni con 30 o 36 di contributi, quattro anni prima della pensione di vecchiaia. Ora si pensa di allargare la platea di chi può accedere all’Ape sociale. «Dai 15 codici attuali di lavori gravosi si arriverà a 30», ha detto ieri il presidente dell’Inps Pasquale Tridico. Il costo di questa Super Ape Sociale sarà di 127 milioni nel 2022, circa 1 miliardo nel triennio 2022-24 e 800 milioni a regime.
L’altra gamba della flessibilità sarebbe, sempre secondo Tridico, l’Ape contributiva, una nuova versione dell’Ape. L’ipotesi non è nuova, già lanciata nei mesi scorsi dal presidente dell’Inps che però ora l’accredita di una fattibilità maggiore: potrebbe cioè finire nella prossima legge di bilancio. Di cosa parliamo? Della possibilità per un lavoratore di «63 o 64 anni», ipotizza Tridico, di prendere la sua pensione (a patto che sia 1,2 volte sopra il minimo, cioè almeno 618 euro al mese) in due tempi: un pezzo subito e un altro dopo 3-4 anni al compimento dell’età di vecchiaia (67 anni). Il primo pezzo corrisponde alla quota contributiva, per cui la spesa per lo Stato è zero: il lavoratore la incassa subito in base ai contributi versati. Il secondo pezzo equivale alla quota retributiva, parametrata agli ultimi stipendi: arriverà a 67 anni. Nel frattempo il prepensionato potrà lavorare.
«La flessibilità per andare in pensione non è un acquisto a rate», reagisce Ignazio Ganga (Cisl). «Non condividiamo la proposta di Tridico, l’acconto sulla pensione rischia di non essere di importo adeguato, insostenibile per molti». Anche Roberto Ghiselli (Cgil) contesta i calcoli di Tridico su Quota 41, la possibilità di uscire con 41 anni di contributi a prescindere dall’età: «Non è vero che costa 9 miliardi: solo la metà di chi ha i requisiti vi accede e poi va sottratta la componente contributiva che non è un costo per lo Stato».

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