Stavolta non è l’Italia a criticare le importazioni a basso costo di prodotti alimentari cinesi, ma la Germania. Principale partner commerciale food con l’Italia, la Germania è stata recentemente colpita da alcuni notevoli scandali alimentari, che hanno messo in discussione l’idea di sicurezza alimentare nel cuore stesso dell’Europa.
La Germania importa solo un 2% di tutte le importazioni food dalla Cina, cionondimeno l’import è in rapida crescita su tutta una gamma di prodotti. E la quantità di ingredienti coltivati e lavorati in Cina che finisce sulle tavole tedesche è risultata più chiara a molti solo alla fine di settembre (2012), quando migliaia di bambini della Germania Orientale hanno sofferto diarrea e vomito. L’epidemia era stata probabilmente causata da una fornitura di fragole cinesi contaminate con norovirus. L’inchiesta giornalistica del Der Spiegel, uno dei settimanali più letti in Germania (con un milione di lettori a settimana), e ripresa dal numero attuale di “Internazionale”, sottolinea in modo imparziale alcuni dati, così sintetizzabili:
– più dell’80% dell’aglio venduto a livello globale arriva dalla Cina;
-tra il 2005 ed il 20120 il valore globale delle esportazioni cinesi è raddoppiato (41 miliardi di dollari);
– tra gli scandali sottolineati: oltre alle note vicende di latte alla melamina (2008), piselli “tinti” con colorante verde; orecchie di maiale finte, cavoli con formaldeide, oli vegetali esausti recuperati e riciclati per scopi alimentari, quindi re-imbottigliati. E ancora: uova finte di gallina (riportato dal China Daily), carne di maiale “colorata”con polverine per diventare “di manzo”.
– proprio in Cina stanno sorgendo attivisti a difesa dei consumatori (Wu Heng, con proprio blog), per criticare quanto accade. In particolare Wu ha ribattezzato il proprio sito “Lancialo fuori dalla finestra”, gesto attribuito a Theodore Roosevelt, presidente USA, che a colazione buttò dalla finestra una salsiccia dopo aver scoperto in che condizioni versavano i macelli di Chicago.
– gli agricoltori cinesi trattengono una parte della produzione per la famiglia, ma coltivata-allevata a condizioni diverse da quelle usate per i prodotti destinati al mercato.
– il ceto abbiente, ha acquistato da tempo aziende agricole personali per poter garantire l’approvvigionamento alle condizioni di sicurezza alimentare desiderate.
– Nel 2009 il governo ha approvato una legge sulla sicurezza alimentare con una commissione ad hoc (2010) per garantirla. I consumatori che denuncino attività illegali verranno premiati in denaro.
Dalla Cina possono arrivare anche prodotti di qualità. In genere i produttori cinesi rispondono ai requisiti dell’ordine. Se si ordina volumi x basso prezzo, bisogna aspettarsi un’offerta “commisurata”. I controlli al porto di Amburgo, boccaporto di gran parte degli alimenti provenienti da oltreoceano, e destinati all’Europa nel suo insieme, il 15% delle importazioni di prodotti di origine animale ed il 20% di prodotti di origine vegetale provengono dalla Cina. E qui, riprendiamo testualmente quanto affermato dallo Der Spiegel.
“Per il pesce, la carne il miele e i prodotti caseari l’importatore deve dichiarare in anticipo l’arrivo della merce all’ufficio veterinario e delle importazioni del porto di Amburgo e presentare i documenti di trasporto. A quel punto spetta all’ufficio stabilire se i prodotti possono entrare nel paese senza altri controlli. I container sigillati sono aperti solo in caso di dubbi sul contenuto. Allora i veterinari accertano che il sistema di refrigerazione funzioni e che il trasporto si sia svolto alla giusta temperatura. Altre verifiche sono responsabilità delle autorità locali di controllo alimentare, più esperte di fast food che di flussi globali di merci. I prodotti di origine vegetale sono ancora meno sorvegliati: che siano freschi, surgelati o sotto forma di conserve, in genere entrano nell’Unione europea senza alcun tipo di controllo. A questa regola fa eccezione un piccolo gruppo di alimenti che in passato sono stati al centro di scandali o che sono considerati sospetti.”
Se è vero che la governance teutonica in materia era stata in passato messa al centro del dibattito scientifico, con un articolo di Thortsten Lenz del 2006 in grado di spiegare la fallacia del sistema dei controlli, pare nessuno lo abbia preso sul serio fino al 2010 -2011. Anche Nature aveva poi trattato il tema. Sottolineando come la ripartizione federalista e decentrata dei poteri in Germania, utile per evitare la ricaduta in situazioni di centralizzazione del potere che avevano favorito la ascesa del nazismo- si sia rivelata pericolosissima quando in realtà serve coordinamento, tempi brevi di risposta, e si è in una situazione di emergenza.
sicurezzaalimentare.it – 25 gennaio 2013