Dall’unificazione delle tre Usl trevigiane (primo gennaio 2017) i medici del lavoro a disposizione dello Spisal si sono dimezzati: da otto a quattro. All’interno del territorio dell’ex Usl9, i tecnici della prevenzione nei luoghi di lavoro – responsabili dei sopralluoghi nelle aziende – sarebbero 11, ma nella realtà in questo momento sono soltanto 7 a causa di malattie, distaccamenti sindacali, maternità. Mentre calano i numeri delle persone a disposizione degli enti preposti al controllo, sono aumentati quelli degli infortuni mortali nella Marca: otto, da inizio anno (anche se un paio sono ancora in fase di valutazione trattandosi di arresti cardiaci sul luogo di lavoro). Secondo i sindacati non è un caso. E anche lo Spisal lancia l’allarme: servono rinforzi. Personale dimezzato. Il grido d’aiuto era partito da Giacomo Vendrame e Cinzia Bonan, segretari generali Cgil e Cisl. Era stato rilanciato da Giovanni Moro, storico medico trevigiano dello Spisal oggi in pensione. E ora l’azienda sanitaria conferma: mancano uomini preposti al controllo. Dopo l’unificazione i medici del lavoro sono stati dimezzati, da otto a quattro, e ora l’Usl bandirà un concorso per assumerne almeno un paio. Mentre gli effetti della carenza di tecnici della prevenzione nell’ex Usl9 saranno attenuati “pescando” dal personale di Pieve di Soligo e Asolo. Il problema non è di poco conto: i tecnici sono le figure che entrano fisicamente nelle aziende e le controllano prima che si verifichino gli infortuni. «Confermo che esiste un problema di numeri, specie per quanto riguarda i tecnici, che sono la figura più importante nei controlli» spiega il direttore dello Spisal dell’Usl2, Roberto Agnesi. «Non solo: dall’anno scorso i nuovi Lea, Livelli Essenziali di Assistenza, prevedono una serie di attività più impegnative rispetto a un semplice sopralluogo. Per esempio, sono previste verifiche tramite audit aziendali che richiedono almeno due giorni di lavoro, e nuove attività di igiene industriale. Avremmo bisogno di personale in più, e invece – oltre alla situazione contingente – dagli anni Novanta a oggi siamo più che dimezzati». Meno controlli. Il problema era stato sollevato, all’indomani dei due morti sul lavoro in due giorni della scorsa settimana, da Giacomo Vendrame, segretario Cgil. «Senza un’adeguata attività di controllo e sanzione, è difficile mantenere standard di sicurezza accettabili» spiega Vendrame, «questo è il risultato dell’ideologia che vede nella spesa pubblica un male assoluto. Al contrario, adesso tutte le istituzioni – dall’Inps allo Spisal, passando per i Comuni – avrebbero bisogno di nuovi inserimenti lavorativi. I controlli dello Spisal servono: sentire il fiato sul collo fa rigare dritto titolari e lavoratori, è un’attività che deve andare di pari passo con i corsi». Questioni dibattute più volte e ribadite anche nei tavoli con la prefettura. L’appello ora va alle associazioni degli industriali: «Anche queste devono chiedere con forza di ripristinare le figure che mancano» conclude Vendrame. Soldi dalla Regione. A chiamare in causa Venezia è Cinzia Bonan, segretario generale Cisl: «La competenza della sicurezza sta in capo alla Regione. Non è impossibile avere risorse in più per le assunzioni: bisogna decidere come spendere i soldi. Oggi tutti i soggetti hanno preso con la massima attenzione quello che sta succedendo, gli elementi che hanno causato tutti questi infortuni sono molteplici ma il ruolo dei controllori è fondamentale». Vedere meno tecnici della prevenzione girare tra le fabbriche potrebbe scoraggiare gli stessi lavoratori: «Non bisogna mai abbassare la guardia. Il fatto che qualcuno possa aver preso con superficialità certi comportamenti in azienda significa che nella testa dei lavoratori l’attenzione sta calando. I numeri delle Usl erano funzionali a un contesto di qualche anno fa, oggi con la ripresa vanno immediatamente rivisti». (Andrea De Polo)
LA TRIBUNA DI TREVISO – Lunedì, 19 marzo 2018