di Giuseppe Bottero. Ognuno faccia i suoi conti. Organizzi la spending review domestica come ritiene più opportuno, ma ben consapevole che i beni che compriamo con più frequenza, quelli indispensabili, crescono. Poco, ma crescono.
Secondo l’Istat, infatti, i prezzi corrono a due velocità: a gennaio l’inflazione è rimasta ferma allo 0,7%, ai minimi da 4 anni. Ma nella busta del supermercato gli importi sono saliti in modo ben più marcato, crescendo dell’1,3%. L’istituto di statistica, per la prima volta, rivela l’indice «grocery» (tradotto drogherie o più semplicemente, appunto, supermercati), ovvero l’insieme dei prodotti, dalla pasta allo shampoo, dal dentifricio alle creme, che compongono la nostra spesa quotidiana.
È un passo avanti per fotografare lo stato delle nostre finanze, che si aggiunge a un altro indicatore, quello sui prezzi degli acquisti più frequenti, in cui, ad esempio, rientrano anche i carburanti. Indice che a gennaio sale dell’1,2% su base annua (stesso valore di dicembre) e dello 0,4% rispetto al mese precedente.
Chi sale e chi scende
A far registrare i rincari maggiori, secondo l’Istat, sono i vegetali freschi, trascinati dal «pazzo» inverno climatico, scandito dal maltempo e da una primavera che sembra allontanarsi sempre di più. Rialzi congiunturali anche per i prezzi del pesce fresco di acqua dolce (+2,8%), con un rincaro record dell’8,8% rispetto allo scorso anno, mentre il pesce fresco di mare aumenta rispetto a dicembre (+1,4%) ma cala (-0,5%) rispetto al gennaio 2013.
La corsa allo sconto
Va meglio per chi si rivolge alla grande distribuzione. «Le nostre promozioni garantiscono 6 miliardi di risparmio all’anno, con sconti medi ormai vicini al 30%. Un effetto determinato anche dalla forte concorrenza che anima le imprese della grande distribuzione e che produce effetti positivi sui prezzi», ragiona il presidente di Federdistribuzione, Giovanni Cobolli Gigli. Ormai, calcola la Cia, un prodotto su tre è acquistato in sconto. La paralisi dei consumi, dicono dall’ufficio studi della Confederazione Italiana Agricoltori, sta trasformando anche le abitudini: «Quasi due famiglie su cinque tornano a fare la scorta alimentare come ai tempi di guerra e cresce il tempo dedicato alla spesa».
Secondo Pietro Giordano, presidente dell’Adiconsum, il vero problema è il reddito. Sostanzialmente fermo per colpa della «pesante tassazione diretta ed indiretta e ad una disoccupazione giovanile femminile pesantissima, accompagnata dalla diffusione degli ammortizzatori sociali come cassa integrazione e mobilità per l’assenza di occupazione». «Il nostro Paese continua a pagare l’assenza di una politica economica orientata a promuovere e sostenere la crescita, congiuntamente ad un vero smarrimento di una propria politica industriale», incalza Antonio Foccillo, Segretario confederale Uil.
Da Confcommercio, invece, un appello a rivedere le tariffe dei servizi pubblici. «Ancora una volta, non è il mercato a deprimere i consumi ma l’effetto combinato tra fiscalità e costi crescenti di molti servizi pubblici, la cui fruizione è irrinunciabile».
L’organizzazione fa infatti notare come i servizi a regolamentazione locale, spesso «una spesa obbligata per le famiglie», siano cresciuti del 6% su base annua, trainati dagli aumenti della tariffa sui rifiuti (+14,7 rispetto a gennaio 2013), dell’acqua (+5,6% tendenziale) e dei servizi di trasporto.
I dati delle città
Tra le città monitorate dall’Istat, due, una è un capoluogo di regione, presentano prezzi in discesa su base annua. Insomma a gennaio si riscontrano due casi che porterebbero a parlare di deflazione: si tratta delle città di Venezia (-0,2%) e di Livorno (-0,3%). Sempre a gennaio i prezzi segnano una crescita zero sia a Palermo sia a Verona. La capitale dei rincari, certifica il Codacons, è invece Bolzano, con un incremento medio annuale di 486 euro per una famiglia di tre persone. Seguono Genova, L’Aquila e Milano.
La Stampa – 22 febbraio 2013