Tempi stretti e agenda affollata, a partire dal controverso jobs act, su cui il Governo chiederà la fiducia al Senato. Questa la mattinata di Matteo Renzi che di buonora ha incontrato nella sala Verde di palazzo Chigi. per la prima volta dall’ insediamento, i segretari di Cgil, Cisl, Uil e Ugl. «Il Paese ha bisogno di un clima di fiducia», ha detto il premier aprendo l’incontro ufficialmente convocato per parlare di riforma della rappresentanza sindacale, salario minimo e contrattazione decentrata.
Ma sul tavolo c’è soprattutto il superamento dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori: «un totem ideologico, i sindacati mi devono dare una mano», l’opinione di Renzi alla vigilia.
In emendamento a ddl delega anche suggerimenti della minoranza Pd
Per mostrare la sua buona volontà e l’apertura alle richieste di modifiche sul Jobs act, Renzi ha fatto chiarezza sulle linea del governo annunciando che l’emendamento al ddl allo studio recepirà alcune modifiche chieste dalla minoranza Pd. Citato in particolare il reintegro per i licenziamenti discriminatori e disciplinari. Nell’emendamento anche la regolazione della rappresentanza sindacale e la contrattazione aziendale. «Sono emendamenti – ha spiegato Renzi – condivisibili, che mi sono stati suggeriti dal mio partito, in particolare dalla parte che non sta con me». Il premier ha poi fissato al 27 ottobre la data del prossimo incontro con i sindacati per parlare della legge di stabilità.
Sindacati corresponsabili della crisi in atto
«Non voglio dividere il sindacato, il sindacato fa il sindacato. In questa crisi però vi sono responsabilità anche di chi rappresenta il mondo del lavoro». Nel corso dell’incontro, il premier non ha risparmiato critiche alle scelte dei sindacati, ma ha anche segnalato alcuni «sorprendenti punti di intesa» sull’impostazione di fondo del governo che Renzi definisce «innovativa»: soldi agli ammortizzatori sociali, aiuto al ceto medio e centralità della questione lavoro.
Camusso (Cgil):?giudizio non cambia, il 25 ottobre in piazza
L’apertura di Renzi non ha però smosso i sindacati. Al termine della riunione, la Cgil ha confermato il «totale dissenso sull’intervento sull’articolo 18 e sul demansionamento dei lavoratori». «Come Cgil – ha spiegato Susanna Camusso – troviamo tutte le conferme della necessità della manifestazione del 25 ottobre» e di proseguire nella mobilitazione. «Il governo ci ascolta ma poi decide unilateralmente», ha aggiunto Camusso, che ha smentito l’apertura di una stagione di concertazione «o di contrattazione sulle materie del lavoro».
Prioritario salvare le tre T:?Termini Imerse, Terni e Taranto
Ai sindacati Renzi ha indicato come priorità il salvataggio degli stabilimenti di Termini Imerese, Taranto e Terni: «Sono le tre “T” di cui bisogna subito occuparsi insieme». Al tavolo con i sindacati, oltre al premier, siedono il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, il ministro della Pa Marianna Madia e il sottosegretario alla presidenza, Graziano Delrio. Per i sindacati siedono il leader Cgil, Susanna Camusso,il segreterio generale aggiunto Cisl, Anna Maria Furlan e per la Uil il segretario generale, Luigi Angeletti. Per l’Ugl il segretario generale Geremia Mancini.
Stabilità: due mld per tagliare le tasse sul lavoro, 80 stabilizzati dal 2015
L’incontro di oggi è anche l’occasione per illustrare alle parti sociali le scelte forti dell’esecutivo per la prossima legge di Stabilità. Nel suo intervento introduttivo, il premier ha confermato infatti l’intenzione di prevedere uno stanziamento di un miliardo e mezzo per i nuovi ammortizzatori sociali e di destinare un miliardo di euro alla scuola. Il taglio alla tassazione sul lavoro costerà invece due miliardi di euro. Confermta poi la stabilizzazione del bonus da 80 euro, che «diventerà strutturale dal prossimo anno», «stiamo studiando le modalità tecniche».
Angeletti (Uil): segnali di discontinuità su Stabilità e Jobs act
Con il premier Matteo Renzi c’è stata una «discussione sui titoli sulla delega lavoro, fisco e riduzione delle imprese pubbliche. Se vogliamo una svolta vera bisogna fare tante cose che sono state raccontate e promesse: una spending review fatta con criteri decenti e fare una riforma fiscale». Questo il commento del leader della Uil, Luigi Angeletti, che al termine dell’incontro a Palazzo Chigi riconosce la scelta di discontinuità del premier : «Forse siamo in presenza di un cambiamento dell’atteggiamento politico del governo nei confronti delle parti sociali, testimoniata dalla disponibilità a discutere di legge di stabilità e di jobs act».
Furlan (Cisl): forse punto di svolta nei rapporti governo-sindacati
Più possibilista Annamaria Furlan, segretario generale aggiunto Cisl, che al termine dell’incontro definisce il vertice un possibile «momento di svolta tra il Governo e le parti sociali». «I temi sul tavolo erano tanti per cui ci siamo concentrati sul lavoro», ha detto Furlan spiegando che per noi « la priorità sono le risorse per lo sviluppo». Al premier «abbiamo detto che vogliamo grande determinazione sui tagli agli sprechi nella spesa pubblica. Sprechi che spesso diventano anche ruberia. Vogliamo una lotta molto più incisiva contro evasione fiscale e contributiva e sull’Iva». Inoltre, «condividiamo la revisione delle politiche attive per il lavoro perché – ha osserva Furlan – oggi attraverso i servizi pubblici di collocamento si colloca poco».
Renzi alle imprese: intervento su Tfr solo se Pmi d’accordo
In mattinata, slittato rispetto all’orario previsto delle 9 per il prolungarsi del confronto con i sindacati, anche l’incontro con le associazioni datoriali.Parlando con Giorgio Squinzi (Confindustria), Giorgio Merletti (Rete Imprese Italia) e Mauso Lusett (Alleanza delle cooperative italiane) il premier è tornato sull’ipotesi di un intervento sul Tfr, assicurando che questo si farà solo con l’ok delle piccole e medie imprese. L’Italia, ha sottolineato ancora Renzi, vuole «tornare ad essere leader in Europa», e per questo manterrà «il rispetto del 3% nel rapporto deficit/pil».
Senato senza numero legale, Jobs act rinviato al pomeriggio
Rallenta intanto il cammino parlamentare del Jobs act: al Senato nel corso della mattina il numero legale è mancato per la quarta volta consecutiva, costringendo l’assemblea ad aggiornare i lavori a questo pomeriggio apartire dalle 16. Intervistato da una emittente radifonica, il ministro dell’Interno Alfano conferma di aver spinto per la strada della fiducia: «o passa o cadiamo», spiega, precisando che l’articolo 18 va cancellato tranne che in specifiche fattispecie
La partita difficile per la delega lavoro
La partita finale della riforma del lavoro si gioca sul fronte sindacale, con Cgil, Cisl e Uil compatti nel chiedere un taglio della pressione fiscale sul lavoro ma divisi sulle risposte da dare di fronte all’approvazione del Jobs act e alle modifiche dell’articolo 18, e in Senato. A palazzo Madama il premier è pronto a sfidare la minoranza Pd e si prepara a chiedere la fiducia, autorizzata dal Consiglio dei ministri di lunedì. La minoranza Pd confida fino all’ultimo in un ripensamento, nella speranza di avere spazio per discutere in Aula i propri emendamenti, ma non sembra disposta a far precipitare le cose, come dimostra l’annuncio dei bersaniani che voteranno comunque la fiducia per non far cadere il governo. Ncd si conferma contrario ad ogni modifica Ncd al testo attuale della delega.
Articolo 18, gelo tra Cgil e Renzi. Apertura da Cisl e Uil e il governo propone sgravi per le assunzioni stabili
Vertice a Palazzo Chigi con i rappresentati dei lavoratori e le imprese. Sul tavolo la riforma del lavoro, i contratti e i salari. Il governo apre su reintegro e ammortizzatori sociali, ma le parti sono distanti: “Niente veti”. Domani l’esecutivo chiederà la fiducia al Senato sul Jobs Act, il premier: “Non temo agguati”
La Cisl apre al governo, la Cgil sbatte la porta in faccia a Renzi: “Nessuna novità” ha sentenziato Susanna Camusso uscendo dalla Sala Verde di Palazzo Chigi dove è andato in scena l’incontro tra il governo ed i sindacati sulle riforme e sul lavoro, con il premier Matteo Renzi, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, ed i ministri del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti, dell’Economia Pier Carlo Padoan, della Pa Marianna Madia. Presenti i leader di Cgil, Cisl, Uil e Ugl, Susanna Camusso, Annamaria Furlan, Luigi Angeletti e Geremia Mancini.
“Il Paese ha bisogno di fiducia” ha detto il premier ai rappresentati dei lavoratori aprendo l’incontro incardinato su salario minimo, rappresentanza e contrattazione decentrata, oltre ovviamente a articolo 18 (nel Jobs Act) e Tfr in busta paga. Garantito anche il bonus degli 80 euro, che dal 2015 “sarà strutturale”, mentre entra nella partita la possibilità di dare sgravi per le assunzioni stabili: ai sindacati ha spiegatoc che vanno trovate formule per incentivare il contratto a tempo indeterminato.
Dal tavolo, Renzi ha fatto partire l’invito a “salvare gli stabilimenti di Termini, Terni e Taranto. Sono le tre ‘t’ di cui bisogna subito occuparsi insieme”, ha detto in riferimento alle crisi dell’ex impianto Fiat e alle acciaierie Ast e Ilva. Alle aziende il premier ha garantito che il provvedimento del Tfr verrà preso in considerazione solo dopo l’ok delle piccole e medie imprese.
Il nocciolo della questione sul piatto, però, si è trovato nel maxi emendamento che il governo ha illustrato, con alcune novità sul Jobs Act: le regole sui licenziamenti e il reintegro in alcune fattispecie, oltre alla precisazione dei casi nei quali si potrà ricorrere al giudice. I dettagli però saranno contenuti nei decreti delegati. Si tratta, comunque, del documento approvato dalla direzione del Pd. “Abbiamo molti punti di incontro – ha detto Renzi -, ci rivederemo il 27 ottobre”. Parlando poi in conferenza stampa, il premier ha detto che “non teme agguati” nell’approvazione del pacchetto sul lavoro da parte dei colleghi del Pd, “ma in caso li affronteremo”. Domani sarà comunque posta la fiducia sul testo, ma il governo “non accetta veti”.
Fredda la reazione dei sindacati. Per Camusso “l’unica novità sono i nuovi incontri. La nostra valutazione non cambia. Registriamo una disponibilità del Premier a discutere sulla rappresentanza sindacale, ma sul resto non condividiamo il piano. Restano la manifestazione del 25 ottobre e tutte le attività di contrasto”. Furlan chiede, invece, “lotta all’evasione fiscale e maggiori tagli agli sprechi. Sul lavoro convidiamo la revisione delle politiche attive e l’assorbimento di tutte le forme di precariato nel contratto unico a tutele crescenti. Basta con le false partite iva”. Angeletti ribadisce che il Tfr “è il salario differito dei lavoratori”. Quella del 25 ottobre, comunque, non sarà una manifestazione unitari: Cisl e Uil non parteciperanno.
LAVORO e TFR. Dell’intero impianto di riforma del mercato del lavoro, denominato Jobs Act, quello che più ha acceso la polemica tra le parti è l’abolizione parziale dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. Il governo ha in effetti illustrato ai sindacati una versione di tutela che prevede il reintegro solo per i casi discriminatori e disciplinari. Al tavolo è stata tracciata anche una semplificazione delle forme contrattuali, che verranno significativamente ridotte, ma non si arriverà ad un contratto unico. Fino ad ora, per i sindacati l’articolo 18 è stato considerato un totem intoccabile che neppure maggiori tutele per i precari possono compensare. Le aziende da parte loro stanno alla finestra: la loro posizioni è che la libertà di licenziare non sia, in fondo, un modo per poter assumere. Chiedono, piuttosto la flessibilità in entrata.
Si è parlato anche di Tfr. I sindacati chiedono che si tratti di una libera scelta dei lavoratori, “a tasse zero” aggiunge Furlan. Alle aziende, invece, è stato garantita la costituzione di un fondo partecipato dalla banche e, forse, dalla Cdp: in questo modo l’impatto sulle casse sarebbe nullo. Renzi però ha ribadito che senza l’ok delle piccole e medie imprese l’operazione non si farà.
CONTRATTAZIONE. Negli ultimi giorni il governo ha parlato con insistenza del modello Fiat. In sostanza Renzi sarebbe favorevole a un alleggerimento degli accordi nazionali per lasciare più spazio alle negoziazioni aziendali. Confindustria è disponibile a trattare, d’altra parte un accordo con i sindacati sulla rappresentaza dei lavoratori è già stato raggiunto, ma non è mai diventato legge. E in questo senso Fiat ha aperto una nuova strada lasciando prima Confindustria, poi negoziando direttamente per lo stabilimento di Pomigliano, che altrimenti sarebbe stato chiuso, riconoscendo la rappresentanza solo ai sindacati che firmano contratti nazionali o aziendali. A chiedere di “avvicinare i contratti al territorio e alle aziende” è stato il presidente della Bce Mario Draghi nel suo intervento a Jackson Hole. Obiettivo: favorire una maggiore differenziazione salariale. I sindacati però sono divisi sul tema. Per la Cgil “la politica di Renzi è quella di Confindustria e di Sacconi” e anche per questo Susanna Camusso non pare disposta a concedere aperture di credito al governo. La Cisl, invece, è favorevole “d’altra parte – dicono – nell’ultimo anno abbiamo sottoscritto 3mila accordi aziendali”, mentre la Uil si presenta a Palazzo Chigi senza pregiudizi, ma dice: “Contrattazione aziendale solo per le grandi imprese”.
SALARIO MINIMO. Un altro nodo sul tavolo è quello del salario minimo. L’Italia è uno dei pochi paesi che non ha una soglia minima di salario orario. Nel Jobs act è prevista per i lavoratori subordinati e in sperimentazione anche per i Co.co.co. In Germania è stato approvato a luglio un aumento a 8,5 euro e i socialdemocratici hanno cantato vittoria. Ma ce l’hanno anche la Francia (9,53 euro), l’Olanda, il Belgio, l’Irlanda e la Gran Bretagna. Negli Usa Obama vuole alzarlo a 10 dollari. Renzi, che lo indica nelle sue proposte già dalle primarie, ha sempre detto che è necessario “alzare i salari”. In Italia l’unico esempio già adottato di salario minimo è il cosiddetto “giusto compenso” per i giornalisti free lance ma, per il livello di retribuzione prevista, le polemiche sono state infuocatissime. Per la Cisl sarebbe meglio estendere “i contratti nazionali al 15% di lavoratori che non ne sono coperti”.
LEGGE DI STABILITA’. Parlando alle parti sociali, Renzi ha confermato anche alcuni impegni nella Legge di Stabilità, dove ci saranno 2 miliardi per la riduzione delle tasse sul lavoro e 1 miliardo per la scuola. Sarà inserita pure una quota aggiuntiva di 1,5 miliardi per estendere gli ammortizzatori sociali.
Sole 24 Ore e Repubblica – 7 ottobre 2014