Due sentenze della Corte di Giustizia europea tutelano i lavoratori della Pubblica amministrazione.
La prima, relativa alla causa n. 108/2010 emessa il 6 settembre 2011, difende gli stipendi pubblici dai possibili tagli alla retribuzione derivante dal trasferimento da una P.A. ad un’altra. La seconda, la causa n. 177/2010 emessa l’8 settembre 2011, non ammette discriminazioni tra lavoratori pubblici a tempo indeterminato e lavoratori (pubblici) a tempo determinato nel computo degli anni di anzianità ai fini della promozione.
Nel primo caso il trasferimento del lavoratore non può «snellire» la sua busta paga. Il primo caso affrontato dalla Corte UE riguarda una bidella statale che, dopo aver svolto attività lavorativa per 20 anni tra il personale Ata (Amministrativo, tecnico ausiliario) degli enti locali, viene trasferita nei ruoli del personale Ata dello Stato. Il problema è che non le vengono riconosciuti i 20 anni di lavoro e, quindi, viene inquadrata nella fascia retributiva corrispondente a 9 anni di anzianità. Il Tribunale di Venezia adito, rimette la questione alla Corte europea, chiedendo se il caso concreto verificatosi sia assimilabile al trasferimento di azienda e, di conseguenza, se il nuovo datore deve tener conto dell’anzianità di lavoro maturata dalla lavoratrice.
Il trasferimento del lavoratore tra p.a. costituisce un trasferimento di impresa. La Corte di giustizia afferma che i lavoratori Ata hanno gli stessi diritti assicurati dalla direttiva 77/187 sul trasferimento di azienda. Tale direttiva ha lo scopo di impedire che i lavoratori trasferiti subiscano un peggioramento retributivo; sarà, però, il giudice interno a valutare se, al momento del trasferimento, si sia verificato tale peggioramento.
L’altro caso discusso dalla Corte di Giustizia europea nasce in Spagna. Un dipendente pubblico temporaneo presso la Comunità autonoma d’Andalusia, dopo 6 anni di lavoro, diventa dipendente pubblico di ruolo presso la stessa amministrazione. Passati altri due anni partecipa, risultando vincitore, a un concorso per una promozione interna, ma non possedendo un’anzianità di almeno 10 anni come dipendente di ruolo, si vede annullare tale promozione. Viene investito della controversia il Tribunale di Siviglia, che, a sua volta, rimette la questione alla Corte UE.
La Corte stabilisce che, ai fini del computo degli anni di anzianità professionale, si deve considerare anche il lavoro svolto con un contratto a termine. Insomma, è da escludersi ogni disparità di trattamento tra dipendenti di ruolo e dipendenti temporanei. L’importante è che le funzioni di dipendente temporaneo siano paragonabili a quelle richieste per i dipendenti di ruolo. Spetta al giudice nazionale, però, valutare se le mansioni esercitate dal lavoratore, come dipendente temporaneo, sia assimilabile a quelle del lavoratore a tempo indeterminato.
ilsole24ore.com – 24 settembre 2011