Il presidente della Commissione Ue uscentevuolechiedereal nostro governo una modifica del disavanzo strutturale di 0,5 punti per evitarci la bocciatura Padoanhaprevistoinvece una riduzione di 1,6 miliardi più una riserva di altri 3,4 in caso di emergenze Più morbida la posizione di Juncker
ROMA . La legge di Stabilità 2015 arriva al Quirinale con una buona dose di “suspense”. Attesa ieri, come aveva annunciato lo stesso ministro per l’Economia Pier Carlo Padoan, arriverà con tutta probabilità solo oggi. Ma per l’intera giornata si sono rincorsi interrogativi sulle motivazioni del ritardo. “Aggiustamenti tecnici”, hanno spiegato fonti del Tesoro. La chiave del “giallo” va cercata tuttavia Bruxelles.
Il negoziato con la Ue, infatti, sembra tornare a complicarsi. Nelle prossime ore, come anticipato ieri da Repubblica, è attesa una lettera nella quale la Commissione europea esprimerà i propri dubbi sulla manovra italiana. Nel mirino la scelta di tagliare il deficit strutturale di un solo decimo di punto nel 2015, in violazione del Fiscal Compact. E secondo fonti europee citate dall’Ansa il presidente uscente della Commissione, Josè Manuel Barroso, resterebbe fermo sulla richiesta di chiedere una correzione dello 0,5%, pari a 8 miliardi. Il governo risponderà alla missiva dicendosi disponibile ad aumentare il risanamento allo 0,25%, al massimo allo 0,35 dando fondo alla “riserva” da 3,4 miliardi inserita nella manovra proprio in caso di irrigidimento da parte di Barroso, che punta a una terza vita politica in patria e non può fare sconti ai big dopo che i portoghesi hanno subito le rudi attenzioni della Troika.
Il governo confida però sul suo successore, Jean Claude Juncker, che sarebbe pronto a un accordo che tenga conto della flessibilità, quindi in linea con le cifre indicate governo. La partita si giocherà tutta nei prossimi sette giorni: se Barroso deciderà, il 29 ottobre, di bocciare comunque la Legge di Stabilità, il governo cercherà un accordo successivo con Juncker, che appena tre giorni dopo prenderà le redini della Commissione. Ma Roma vorrebbe evitare la bocciatura pubblica che potrebbe avere serie conseguenze sui mercati. Per questo sono in corso contatti ai massimi livelli istituzionali per indurre Barroso a passare la mano, esprimendo pure i suoi dub- bi nella lettera in gestazione ma evitando poi di rimandare platealmente la manovra e lasciando che sia Juncker a gestire il dossier.
E la sensazione dei nuovi malumori di Bruxelles ha consigliato, anche sulla base di considerazioni che sono state fatte in Italia, di lasciare “libera” la riserva di 3,4 miliardi, pari a circa lo 0,2 per cento del Pil. Il “tesoretto” non sarà dunque utilizzato, neppure temporaneamente, per coprire altri sgravi o interventi di spesa.
Ma ci sono anche altre questiodal ni da definire sul fronte italiano e nelle ultime ore i maldipancia salgono. Le partite ancora aperte nelle ultime ore riguardano la definizione dei meccanismi del bonus da 80 euro da 9,5 miliardi reiterato per il prossimo anno i cui criteri contabili cambieranno: lo sconto diventerà una vera e propria detrazione fiscale, passando contabilmente da maggiore spesa a minore entrata: dunque la necessità di far quadrare le cifre. C’è poi l’ultima sortita sul bonus-bebè che, secondo le intenzioni di Palazzo Chigi dovrebbe funzionare con il criterio degli 80 euro a mamma dove il reddito familiare è inferiore ai 90 mila euro con la deroga oltre questa soglia per i nuclei dove si supera il terzo figlio: anche in questo caso il meccanismo fiscale è di complessa realizzazione. La Cgil tuttavia contesta: «Meglio aprire con le stesse somme 1.000 asili nido ». Secondo alcuni (ad esempio il gruppo di Forza Italia alla Camera) non ci sarebbero le coperture economiche necessarie per i fondi alle neomamme che, per il mini- stro Lorenzin, dovrebbero essere erogati con «un assegno per l’anno 2015 non inferiore a 900 euro».
L’altra questione sul tavolo è quella delle Regioni: se, come fatto filtrare dai protagonisti della trattativa, il taglio di 4 miliardi sarà ammorbidito con il ricorso a prestiti della Cassa Depositi e prestiti, c’è da cambiare la norma. Ma l’accordo tarda ad arrivare e l’incontro potrebbe esserci solo la prossima settimana, mentre le Regioni lamentano anche la perdita di 450 milioni di taglio dell’Irap.
Infine le critiche, che il governo, per ora, non sembra intenzionato raccogliere: aumento delle tasse sui Fondi pensione, neutralità fiscale dell’anticipo del Tfr, sblocco dei contratti per gli statali, senza contare la richiesta di un aumento delle risorse per le assunzioni a contributi-zero che riguarderebbero solo stipendi fino a 1.200 euro al mese. Troppo pochi si dice e si chiede un aumento delle risorse. Dubbi e polemiche arrivano anche sull’entità dello sconto Irap sul costo del lavoro: per il prossimo anno sarà di 5 miliardi ma bisogna tenere conto che viene abrogato lo sconto dell’aprile scorso del 10 per cento sull’aliquota e che in questo modo il beneficio si riduce.
Repubblica – 21 ottobre 2014