«Due euro per ogni bolletta da destinare all’emergenza Pfas». Sarà più o meno questo il contenuto della richiesta che perverrà alla Regione, all’Autorità di Bacino e ad Acque Veronesi, firmata dal presidente della Provincia Antonio Pastorello. Una misura eccezionale per supplire all’«inattività» dello Stato, accusato sempre da Pastorello di essere in ritardo con i fondi destinati ai lavori che risolverebbero una volta per tutte i problemi relativi all’inquinamento della falda acquifera di quell’ampia porzione di territorio tra le province di Verona, Vicenza e Padova. Pastorello l’ha annunciato ieri: «Chi abita nella zona – è la chiosa – ha diritto a bere acqua potabile e sicura. L’obiettivo dev’essere quello di scendere come livello sotto i cento nanogrammi per litro d’acqua, come nei paesi civili». Allo stato attuale, la presenza nelle falde dei comuni esposti si aggirerebbe – è un dato comunicato sempre da Pastorello – tra i 300 e i 400 nanogrammi per litro: lo larc (l’agenzia dell’Onu per la ricerca sul cancro considera pericoloso un livello superiore ai 500, come accadeva del resto prima che fossero installati i filtri). E un maggior controllo sui filtri ai carboni attivi è proprio il piano (provvisorio) che ha in testa il presidente della Provincia in attesa di una soluzione destinata a durare. «Non sto chiedendo necessariamente un aumento – fa sapere – ma è naturale che i soldi vanno trovati lì: abbiamo calcolato che due euro all’anno per ogni singola bolletta dovrebbero bastare». Ma si tratta di una via tecnicamente percorribile? L’Ato veronese (l’autorità di bacino provinciale) ha una risposta netta: no. «E una stupidaggine – replica il presidente Mauro Martelli – che non sta ne in cielo né in terra». Una risposta che arriva alla luce della recente normativa sulle tariffe disposta dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico. «Abbiamo semplicemente le mani legate – spiega Martelli – ora le bollette devono essere strettamente commisurate all’erogazione e ai servizi, non si può minimamente pensare di ritoccarle così senza dare spiegazioni».
Le nuove regole sono così severe che l’Ato veronese ha dovuto anche rinunciare ad attingere dalle bollette il fondo di solidarietà sociale destinato alle famiglie meno abbienti, che resta comunque in piedi grazie agli avanzi di bilancio. Martelli però ha da ridire anche sulla più ampia idea di finanziamento ad hoc destinata all’emergenza Pfas. «Sembra una proposta che non tiene conto del fatto che ci sono già stati ampi investimenti su questo fronte, da parte nostra. Si parla di sei milioni di euro per un piano di quattro anni, con alcune importanti infrastrutture già realizzate: trovare maggiori risorse significa levarle ad altri settori. Faremo il punto sulla questione giovedì (domani, ndr) in un incontro che si terrà ad Arzignano. Non dimentichiamo, inoltre che, entro la fine dell’anno, l’istituto superiore di Sanità rivedrà al ribasso i limiti consentiti delle sostanze perfluoroalcaline: per questo occorre stare attenti a non prendere decisioni affrettate. Quel che è sicuro è che non si può prendere sottogamba il problema: anche lo Stato deve intervenire».
Insomma, resta il tema del ritardo dei finanziamenti governativi: 87,6 milioni che servono prevalentemente al nuovo acquedotto che, collegando proprio il pozzo di Belfiore a quello di Madonna di Lonigo a Piazzola del Brenta consentirà un nuovo approvvigionamento d’acqua potabile evitando quella proveniente dalla Valle dell’Agno, allo sbocco della quale c’è la Miteni, l’azienda considerata responsabile dell’inquinamento. È solo una frazione, benché la più importante del monte d’opere complessive che, secondo i calcoli della Regione si aggirano sui 200 milioni di euro.
Davide Orsato – il Corriere di Verona – 2 agosto 2017