Alla fine di giugno gli attuali capi scadranno e il documento aziendale conterrà la nuova organizzazione. Con meno posti a disposizione. L’Ulss manterrà alcune strutture solamente nell’area medica. Terremoto previsto nei distretti: oggi sono 4 ma 3 sono a rischio
Dipartimenti. Si prepara una sforbiciata netta, dolorosa, traumatica. Si annuncia una fila di scontenti. Si prevedono forti reazioni dietro il dissenso silenzioso di oggi. Una rivoluzione finora solo ufficiosa, scritta solo sulla carta, ma che non si farà attendere. Alla fine di giugno, cioè alla scadenza dei primi sei mesi di governo del nuovo direttore generale, gli attuali capi-dipartimenti scadranno. E poi il nuovo atto aziendale da varare dovrà contemplare pure la nuova organizzazione dei dipartimenti.
C’è quindi da fare presto, anzi prestissimo, ma il dg Ermanno Aragonese non si fa pregare. Mostra di avere già praticamente deciso. Nelle mappe dell’Ulss oggi i dipartimenti sono 17 nell’area medica ospedaliera, 3 nell’area amministrativa, 6 nel territorio. Alla fine di una drastica cura dimagrante in cui, pare, non si guarderà in faccia nessuno, i dipartimenti medici dovrebbero diventare 5. Una specie di macro-aree. Presto fatti i nomi: medicine, chirurgie, neuroscienze, urgenza-emergenza, materno-infantile. Scompariranno, invece, completamente le caselle amministrative, cancellate con l’inchiostro nero.
Non si salterà neppure il territorio. Anche qui zero dipartimenti. Non solo. Il terremoto dovrebbe coinvolgere anche i distretti. Oggi sono 4. Ne potrebbe restare solo uno. Di 4 direttori 3, quindi, potrebbero essere, se non giubilati, dirottati ad altri incarichi. Verrà modificata anche la dizione dei dipartimenti interaziendali, come ad esempio quello di nefrologia, che rimarrà assumendo però l’etichetta di coordinamento. Come detto, un autentico sisma con una serie a catena di scosse sussultorie e ondulatorie che dovrebbero lasciare il segno sulla geografia dell’Ulss. Un forte ridimensionamento che, dopo i mutamenti di rotta rispetto all’era-Alessandri su seminario, sesto lotto, Alert, dozzinanti, verrà a scardinare un altro tassello del mosaico costruito nello scorso mandato. Una cosa è certa. Il processo è irreversibile. Indietro non si torna.
«Le indicazioni regionali – spiega il dg Angonese – sono queste. L’intento è di migliorare l’organizzazione attraverso la riduzione del numero dei dipartimenti, individuando aree in cui concentrare l’impegno del personale e trovare una visione strategica più ampia sotto l’aspetto dell’attività assistenziale». Angonese non fa misteri neppure sul metodo adottato: «Sì, questa forte compressione è ormai scontata. Per i dipartimenti medici stiamo aspettando solo l’approvazione da parte della Regione delle schede ospedaliere per sapere quante apicalità avremo in ospedale. Poi prenderemo la decisione finale anche se ormai l’indirizzo è preso e non dovrebbe mutare più di tanto. Azzereremo i dipartimenti amministrativi. Basta la direzione amministrativa per unificare le competenze. Lo stesso faremo sul territorio. Per i distretti i criteri non cambieranno anche se prima di adottare qualsiasi provvedimento mi consulterò con la conferenza dei sindaci».
Un’amputazione che farà male ai diretti interessati, agli odierni capi-dipartimento. Ne resteranno meno di un terzo, e gli esclusi certo non gradiranno. Un occhio di riguardo, comunque, per i primari che se ne andranno in pensione alla fine dell’anno. L’incarico dipartimentale non verrà tolto. Lo potranno mantenere fino all’ultimo giorno. Angonese stabilisce anche i tempi della palingenesi. «Se le schede arriveranno rapidamente potremmo cambiare anche entro giugno, altrimenti prorogheremo per qualche mese gli incarichi e, poi, chiuderemo il cerchio in autunno».
Alla composizione dei nuovi dipartimenti ha lavorato intensamente pure il direttore sanitario Francesco Buonocore, che conferma la tendenza: «La Regione sta spingendo per una rivisitazione radicale in tutto il Veneto.
Cosa sono
I dipartimenti sono aggregazioni fiduciarie di reparti o servizi omogenei, affini o complementari, creati all’interno e fuori del San Bortolo, uniti, in teoria, da una sinergia di intenti e di attività per migliorare la gestione operativa, e, quindi, il servizio al paziente. La loro individuazione spetta alla direzione generale. Le regole di funzionamento sono, invece, dettate da normative nazionali e generali. Per il capo del dipartimento c’é pure il benefit di circa 1.000 euro in più, fra l’altro pensionabili, nella busta-paga mensile. «Il capo-dipartimento – spiega Buonocore – avrà un ruolo di piccolo direttore generale. Avrà potere. Sarà lui a stabilire i budget dei reparti. Ma soprattutto dovrà operare un salto di qualità nel rapporto con il paziente. La gente è colpita dalla mancanza di umanizzazione. Dobbiamo recuperarla. Assieme al direttore dei sociale Fortuna stiamo elaborando un proposta che sottoporremo al dg Angonese. Sarà, poi, lui a decidere. Puntiamo anche a potenziare i dipartimenti interaziendali».
Franco Pepe – Il Giornale di Vicenza – 13 giugno 2013