Secondo le proiezioni, dal 2014 al 2017 il comparto lieviterà a 50 miliardi (+8,9%). Più Europa e meno protezionismo da parte degli Stati membri a limitare l’export dell’agroalimentare italiano, che comunque registra performance da record.
A chiederlo al presidente della Commissione agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo, Paolo De Castro, sono stati ieri, a Isola della Scala, gli imprenditori del settore: da Carlo Veronesi (mangimi e carni) a Michele Bauli (dolciario), da Giuseppe De Paoli (lattiero caseario) a Marco Zuccato (industria conserviera), da Sara Raniero (rappresentante della rete scaligera per la tutela dei funghi di bosco) a Fabrizio Zanetti (torrefazione caffè), da Alessandro Sartori (vitivinicolo) ad Alessandro Fabiano (vitivinicolo), presidente del raggruppamento alimentare di Confindustria Verona.
A fare gli onori di casa, Raffaele Boscaini, presidente della sezione agroalimentare di Confindustria veneto e direttore marketing di Masi agricola. Con lui, al tavolo dei relatori, Daniele Rossi, direttore di Federalimentare Servizi. «L’agroalimentare come la moda, la cultura e il turismo è trainante per l’economia del nostro Paese», ragiona Boscaini. «Il nostro settore, in particolare, è trasversale: non sviluppa solo valore nel primario, ma è contiguo all’industria, non solo della trasformazione. Ad esempio siamo i primi produttori mondiali di macchine per la lavorazione degli alimenti».
La politica europea deve tutelare la filiera, senza appiattire il valore aggiunto della nostra produzione con scelte talvolta discutibili. Un esempio? «I distillatori veneti hanno chiesto alla Ue che la denominazione della grappa andasse solo al prodotto imbottigliato in Italia. Ma l’Europa si è opposta», esemplifica. Esiste, all’inverso, anche il problema dell’etichettatura a semaforo, praticata soprattutto dai retail del Regno Unito, su cui è già stata presentata al Parlamento europeo un’interrogazione sottoscritta da più nazioni. In pratica, a dispetto di marchi, dop e igp, al supermercato scatta il rosso quando un determinato prodotto supera parametri prefissati di contenuto alcolico, zucchero, grassi. Penalizzando anche molto food Made in Italy.
De Castro ribadisce due tesi. La prima: l’agroalimentare nel 2013 è cresciuto del 5% rispetto all’anno precedente per un valore di 33,4miliardi. Secondo le proiezioni Sace dal 2014 al 2017 il comparto lieviterà a un ritmo dell’8,9% annuo, fino a quota 50 miliardi, sorpassando il tessile e avvicinandosi sempre più alla meccanica. «Esportiamo però solo il 20% del nostro prodotto agroalimentare. Quindi le imprese del settore devono imparare ad internazionalizzare a fronte di un mercato interno sempre più asfittico».
Valeria Zanetti – L’Arena – 16 marzo 2014