Alberto Prieri. Da mercoledì, gli allevatori europei potranno produrre tutto il latte che vorranno: il 31 marzo termina l’ultima campagna di mungitura regolata dalle quote latte. Il sistema, in vigore dal 1984, aveva stabilito il tetto produttivo annuale per ogni singolo Stato. Phil Hogan, commissario europeo all’Agricoltura, esclude nuove misure tese a contingentare la produzione. Secondo lui, non ci sarà alcun collasso del settore, anzi l’abbandono delle quote rappresenterà «una sfida e un’opportunità». Ad affrontare la sfida saranno le 36 mila stalle tricolori (erano 180 mila nell’89) che dovranno resistere all’invasione del latte straniero a prezzi stracciati, quando già ora in Italia al produttore un litro viene pagato meno di 35 centesimi. Ad approfittare delle opportunità saranno i paesi del Nord Europa, soprattutto Germania, Irlanda, Olanda, Regno Unito, dove (a prescindere dalle multe) la produzione è salita del 14% tra 2008 e 2014, solo del 4% in Italia.
«Il 51% del nostro latte è trasformato in formaggi Dop, le cui quantità sono fissate da direttive europee, ecco perché in Italia non si mungerà molto di più di quanto si faccia ora – spiegano al Clal di Modena, società di studi sul mercato lattiero-caseario -. Anche le contrattazioni, però, dovranno risentire meno delle quotazioni internazionali, visto che la materia prima italiana è destinato a prodotti unici, senza eguali nel mondo». La pensa così anche il viceministro all’Agricoltura Andrea Olivero: «La parte industriale, che ha beneficiato della qualità e dell’appeal commerciale del “made in Italy”, dovrà assumere un ruolo responsabile per arrivare ad accordi di filiera che riconoscano prezzi congrui agli allevatori». Lo stesso Olivero ha annunciato contributi Pac maggiori per le stalle e lo studio del marchio «100% latte italiano» (con uno stanziamento di 110 milioni di euro).
Anche Roberto Moncalvo, presidente della Coldiretti, e Mario Guidi,della Confagricoltura sono d’accordo su un punto: «C’è il rischio che chiudano altre stalle, arriveranno prezzi bassi e più concorrenza di prodotti con qualità inferiore.
Saremo invasi dal latte straniero. Serve una disciplina sull’etichettatura per difendere i consumatori e le stalle, a cui oggi viene riconosciuto un prezzo inferiore ai costi di produzione».
“NON TUTTI HANNO IL FORAGGIO GRATIS”
E’ sabato pomeriggio e Tommaso Visca, presidente dell’assocazione di allevatori Alpilat Piemonte, risponde al telefono anche se sta lavorando nella sua stalla a Carmagnola. Sta mungendo.
Vuole produrre più latte?
«Se ci fossero sbocchi commerciali nuovi, soprattutto per i formaggi all’estero, potrei pensarci. Ma adesso ci sono condizioni che non aiutano».
Perchè?
«L’Unione europea non ha capito che la comunità è costituita da Stati completamente diversi per territorio e clima, ma il commissario europeo Phil Hogan pensa che, senza quote, il prezzo del latte si stabilizzerà a 32 centesimi per tutti: facile per uno che abita in Irlanda, dove 280 giorni di pioggia l’anno azzerano le spese per coltivare il foraggio. Nel Sud e nell’Est Europa i costi sono molto più alti».
Quindi?
«Se l’Ue vorrà mantenere produttive anche queste aree, dovrà studiare interventi mirati, provvedimenti ad hoc, altrimenti si mungerà solo nel Nord del Continente e si sposterà poi il latte con i camion».
Altre soluzioni?
«Io sto facendo enormi sforzi per riorganizzare l’attività e ridurre i costi, ad esempio sostituendo la soia con l’erba medica. Però ci vuole grande impegno, ogni giorno: molti avrebbero già lasciato perdere, io ci provo ancora».
Come mai?
«A tenermi fermo è la passione per questo lavoro. La mia famiglia produce latte da generazioni e non voglio buttare all’aria quando creato in decenni di sacrifici».
La Stampa – 29 marzo 2015