Flessibilità e attuazione. Correzione troppo debole sui licenziamenti individuali. La nuova previdenza va ancora applicata a militari e poliziotti. Tutti i partiti chiedono modifiche. Le norme rendono più difficile l’accesso all’occupazione, aumentando i costi per le imprese
Da un lato ci sono i numeri, che in un anno, dall’insediamento del Governo Monti, hanno visto crescere il tasso di disoccupazione, soprattutto tra gli under 25 (l’aumento è stato del 2,8%, dal 32,3% di novembre 2011 al 35,1% di settembre 2012, ultimo dato disponibile Istat). Hanno visto aumentare il ricorso delle imprese alla cassa integrazione ( 20,6% su ottobre 2011, ultima rilevazione Inps) e fatto schizzare in alto i tavoli di crisi aziendale aperti allo Sviluppo economico (che quest’estate hanno raggiunto i 300 dossier). Dall’altro, i provvedimenti varati dall’Esecutivo, e su tutti la riforma del mercato del lavoro che ha riscritto le regole su contratti, l’articolo 18 (forse con poco coraggio) e i sussidi, nel tentativo di creare buona occupazione, specie per i ragazzi, uno degli obiettivi prioritari enunciati da Mario Monti all’insediamento un anno fa a palazzo Chigi. Un pacchetto di norme che già all’indomani del varo definitivo in Parlamento tutte le forze politiche (comprese le parti sociali) hanno chiesto di modificare. Per quali motivi? Da un lato, perchè irrigidisce (e rende più costosa per le imprese) la flessibilità in entrata. E dall’altro, perchè non tiene conto della crisi (che rischia di protrarsi), e limita il campo di applicazione degli ammortizzatori sociali (e quindi delle tutele per i lavoratori). Certo, la congiuntura non ha giocato a favore della riforma Fornero. Ma il clima di sfiducia verso un provvedimento così ambizioso si è subito visto. A luglio sono state varate 12 modifiche alla legge 92, per correggere la stretta eccessiva su partite Iva, apprendistato, mobilità e contratti a termine. Su quest’ultima tipologia contrattuale è arrivata pure una circolare del ministero del Lavoro che ha rimesso alla contrattazione collettiva il compito di ridurre (ancora) gli intervalli di tempo tra un contratto a tempo e il successivo. Il i agosto è stata emanata un’altra circolare sul lavoro intermittente, nel decreto Sviluppo-bis sono previste deroghe per i contratti a tempo nei casi di “start-up”, e nel ddl Semplificazioni si interviene sui buoni lavoro. Ma ancora oggi si invocano nuove modifiche, visto che dal 18 luglio l’occupazione non è aumentata (qualche primo incremento l’ha avuto l’utilizzo dell’apprendistato). Il punto è che senza crescita, solo interventi normativi non aiutano il mercato del lavoro a riprendersi. E sotto questo aspetto “l’agenda Monti” è solo ai primi passi.
LA LEGGE FORNERO
La riforma Fornero incentiva l’apprendistato, per renderlo il principale canale d’ingresso al lavoro. Prevede anche un fondo per favorire l’occupazione di giovani e donne (alimentato perora da 232 milioni di euro). E grazie a un primo pacchetto di modifiche votate ad agosto nel decreto Sviluppo conferma l’indennità di mobilità a requisiti pieni anche a tutto il 2014. Tuttavia, seppur con l’intenzione positiva di contrastare gli abusi, rende la flessibilità in ingresso più rigida, e più costosa (per le imprese). I primi dati, dopo il 18luglio, mostrano come l’occupazione non sia affatto aumentata (anzi è cresciuta la disoccupazione, specie quella giovanile), e come le imprese, nell’incertezza, preferiscano assumere con contratti “flessibili”. In crescita invece il contenzioso sull’articolo 18 (che era diminuito nei mesi antecedenti l’entrata in vigore della riforma). E si aspetta ancora il riordino delle politiche attive (il ministro Fornero è al lavoro per attuare la delega); ed è importante riformare i centri per l’impiego che, a oggi, collocano una percentuale bassissima di persone.
Il Sole 24 Ore – 14 novembre 2012