Ben 608 euro in media pro capite in Lombardia, 581 in Emilia Romagna, 551 in Piemonte, Veneto e Friuli. Contro i 245 in Sicilia, 263 in Campania e 273 in Calabria. Sono le due Italie della salute, dove il moloch della spesa sanitaria privata ha raggiunto quota 30 mld di euro, il 22% dell’intera spesa sanitaria nazionale. Ma c’è chi può e spende di più di tasca propria per pagarsi le cure privatamente. E chi invece non può permetterselo. E anche per questo rinuncia alle cure. Col difetto tutto italiano che la spesa “intermediata” dai Fondi integrativi-sostituivi e polizze assicurative, è tra le più basse d’Europa.
È da questa evidenza che ieri al convegno del Fondo Est (assistenza sanitaria integrativa di commercio, turismo, servizi e settori affini) è stata fotografata la realtà e l’anomalia tutta italiana delle cure per la salute. Un’occasione in più per rilanciare il cosiddetto “secondo pilastro” che stenta a decollare. Quando invece ce ne sarebbe molto bisogno, sostengono gli autori dello studio della statale di Milano, della Bocconi e della Luiss.
«La spesa sanitaria privata si caratterizza in Italia per un basso livello di intermediazione dei Fondi e delle polizze – ha dichiarato Giovanni Pirulli, vice presidente del Fondo Est -. Significherebbe sgravare le famiglie da oneri economici sempre più difficilmente sostenibili, contrastare il fenomeno della “rinuncia alle cure” e favorire un più equo accesso alla tutela della salute».
In Italia la spesa sanitaria privata appare in linea con la media OECD, ma quella “out of pocket” predomina, e vicino a paesi come Francia, Germania e Regno Unito, nei quali la spesa sanitaria privata si attesta tra il 18% e il 22% del totale (anche se da noi buona parte della spesa è – come evidenziato – “out of pocket”). E per questo i Fondi integrativi rilanciano, e si rilanciano. Tanto più sotto la crisi che riduce le possibilità per le famiglie e davanti alle difficoltà finanziarie e di tutela universalistica sempre più evidenti che pesano sul sistema sanitario pubblico. Un ruolo che i Fondi integrativi, tanto più quelli di tipo contrattuale, che rivendicano in pieno. Con la convinzione di poter offrire più certezze e più garanzie generali di quelli proposti dal mondo delle polizze assicurative.
Il Sole 24 Ore – 3 dicembre 2015