Sarà sciopero nazionale entro il mese di luglio se la dirigenza del Ssn non verrà esclusa dal blocco della contrattazione per il 2014. L’intersindacale dei medici, veterinari, dirigenti sanitari e amministrativi, tecnici e professionali dipendenti del Ssn, ha espresso, in una lettera inviata al Governo, al Parlamento e alle Regioni, netta contrarietà nei confronti del Dpr che blocca la contrattazione per tutto il 2014 ed estende allo stesso periodo gli effetti perversi della legge 122 del 2010 che non consentono l’applicazione di istituti consolidati nei precedenti contratti di lavoro. A sostegno di tale richiesta le organizzazioni sindacali attiveranno a partire dai prossimi giorni una serie di iniziative di protesta che potranno culminare in uno sciopero nazionale entro il mese di luglio 2013.
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I medici minacciano lo sciopero contro lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento in materia di proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti.
L’intersindacale rappresentative dei Medici, dei Veterinari, dei Dirigenti sanitari ed amministrativi dipendenti del SSN, esprimono “netta contrarietà nei confronti delle disposizioni, ipotizzate nel Regolamento in oggetto, con le quali il Governo vorrebbe estendere a tutto il 2014 gli effetti, perversi e penalizzanti, dell’articolo 9 della legge 122/2010”.
“Il decreto – specificano i medici in una lettera inviata al Governo e alle Regioni – proroga di un ulteriore anno non solo il blocco del Contratto Nazionale, che perdura dal 2009, ma anche la mancata applicazione di istituti contrattuali consolidati in precedenti contratti di lavoro. Si determina, di fatto, una sospensione per legge di diritti sanciti dalla contrattazione, lo svuotamento del CCNL 2013- 2015, dopo la cancellazione della tornata 2010-2012, il rinvio a tempo indeterminato della contrattazione nel pubblico impiego. Senza contare il blocco delle dinamiche di carriera, delle retribuzioni individuali e dei fondi contrattuali, e quindi della contrattazione integrativa periferica (art. 9, co. 2 bis), lungo 5 anni, due tornate contrattuali, che aggrava in modo perverso le conseguenze della crescente riduzione dei dirigenti sanitari dipendenti, per quiescenza e per blocco del turnover, minando ulteriormente la reale funzionalità della sanità pubblica”.
“Gli effetti – ribadisce l’Intersindacale – sono particolarmente rilevanti nei riguardi dei Dirigenti del ruolo sanitario, dipendenti del SSN, cui le disposizioni della legge 122/2010 sono già costate un prezzo medio pro capite di circa 30.000 Euro (quasi il debito medio individuale di un cittadino italiano)”.
Il blocco delle procedure contrattuali e negoziali impedisce, tra l’altro, “il recepimento di norme legislative pregresse e di riforme strutturali annunciate, amplificando ed incattivendo un quadro già drammatico per cittadini ed operatori, i primi vittime di un definanziamento che provoca diminuzione dei servizi, gli altri gravati da un progressivo peggioramento delle condizioni di un lavoro spesso svolto ai limiti della sicurezza. Tali restrizioni peraltro non sembrano estendibili alle categorie speciali non contrattualizzate del pubblico impiego, che hanno già eluso il blocco retributivo che perdura dal 2009”.
“Il Governo – per i medici – ha diritto, e dovere in alcuni casi, di predeterminare il finanziamento della contrattazione dei propri dipendenti ma non certo quello di sottrarsi al confronto contrattuale, ancorché a risorse limitate, dimostrando di considerare i contratti di lavoro un mero costo e non uno strumento di innovazione, di governo e di rilancio dei servizi essenziali, come ritiene la stessa Conferenza delle Regioni dichiaratasi favorevole alla apertura di un tavolo contrattuale. L’inevitabile contenzioso e la conflittualità sindacale che verrà a determinarsi rischiano di deteriorare ulteriormente il funzionamento dei servizi pubblici attraverso la costante umiliazione dei dipendenti della pubblica amministrazione”.
Queste le motivazioni per cui le organizzazioni sindacali chiedono “di consentire lo svolgimento delle procedure contrattuali e negoziali, con risorse per l’anno 2014 predeterminate dal Governo e di eliminare la estensione al 2014 per la Dirigenza del SSN perlomeno degli effetti dell’art. 9, comma 1, 2 e 2 bis, della legge 122/2010, il che, diversamente delle altre aree e comparti, non determina aumento della massa salariale media pro capite.
A sostegno di tale richiesta le organizzazioni sindacali attiveranno a partire dai prossimi giorni una serie di iniziative di protesta che potranno culminare in uno sciopero nazionale delle categorie interessate da tenersi entro il mese di luglio 2013”.
Sole sanità e Quotidiano sanità – 19 giugno 2013