di Roberto Poggiani. Fanno ancora notizia le intimidazioni ai veterinari pubblici in servizio? Non è una domanda provocatoria, ma un timore fondato: il numero degli episodi di violenza e minaccia a colleghi ormai è tale che rischia di creare assuefazione. Ed è un rischio, questo, che non possiamo permetterci di correre. Perché se da una parte c’è la cronaca che incalza, dall’altra c’è l’incapacità di trovare soluzioni concrete a un fenomeno sempre più allarmante. A distanza di pochi giorni tre intimidazioni ai danni di veterinari pubblici: la prima in provincia di Catanzaro alla metà di novembre, la seconda a Nuoro il 27 novembre, la terza in provincia di Agrigento, nella notte tra il 5 e 6 dicembre.
Un collega ha trovato davanti al portone di casa una bombola con un accendino: un chiaro avvertimento. Un altro veterinario è stato aggredito da un allevatore mentre svolgeva il proprio lavoro: è finito al pronto soccorso. Il terzo ha avuto l’auto distrutta dalle fiamme. Stava dormendo in casa, con la sua famiglia. Nelle ultime settimane i servizi veterinari di quell’azienda sanitaria siciliana, sottolineano gli inquirenti, erano stati impegnati in controlli anti brucellosi e si erano resi necessari sequestri di ovili.
E’ difficile non provare un senso di impotenza e di scoramento davanti a episodi come questi. Davanti ai pugni, alle botte, ai proiettili spediti a casa, alle fiamme. Come sono distanti i palazzi delle istituzioni – con le loro mille burocrazie e sottigliezze politiche – dalle stalle, dai macelli, dagli uffici del distretti delle Asl nei paesi e nei sobborghi italiani.
Tre anni fa il nostro sindacato si era battuto per ottenere risposte e aveva chiesto e ottenuto la creazione di un Osservatorio ministeriale sulle intimidazioni. Uno strumento che avrebbe dovuto monitorare il fenomeno, raccogliere i casi, promuovere iniziative risarcitorie, azioni di prevenzione e di repressione dell’illegalità. Abbiamo chiesto il coinvolgimento del ministero dell’Interno, delle prefetture, delle forze dell’ordine. Pochi giorni fa si è tenuta a Napoli la prima riunione in una prefettura. Ed è senz’altro un segnale importante.
Ma il bilancio di questi tre anni, non lo nascondiamo, lascia l’amaro in bocca. Nonostante le nostre continue sollecitazioni, l’Osservatorio non è mai andato oltre la mera fase “preparatoria”. Bastano due convocazioni all’anno al Ministero per sconfiggere la violenza e il malaffare? Certo che no.
Ora anche questa legislatura volge all’epilogo e il lavoro appena faticosamente abbozzato con gli attuali vertici del dicastero rischia di essere vanificato. Ma là fuori i nostri colleghi continuano tutti i giorni a cercare di fare rispettare le leggi a tutela della salute pubblica. Escono sempre soli, specie ora che i tagli alla sanità e i blocchi del turn over hanno ridotto drammaticamente il personale dei servizi veterinari. Le Asl non hanno i soldi per farli proteggere. Gli operatori economici vivono il dramma e le tensioni della crisi.
Questa è una emergenza. Lo stillicidio continuo, le violenze al collega o all’amico sono lì davanti a noi: non ci hanno creato assuefazione. Noi avvertiamo il pericolo di condizioni di lavoro sempre più tese e difficili. E sappiamo che oggi non bastano più le promesse, le buone intenzioni, le belle parole. Questa è una guerra, che si combatte quasi in silenzio in tutto il Paese perché i veterinari pubblici sono pochi e non fanno notizia.
Il nostro lavoro e la nostra incolumità sono in pericolo.
Roberto Poggiani
10 dicembre 2012 – riproduzione riservata