Giuseppe Bottero. Una mappa degli squilibri. Sul lavoro, in busta paga, al momento di pagare le tasse. L’Istat fotografa le entrate degli italiani: uno «scatto» datato 2012 che mostra un Paese in cui il reddito annuo del 25,8% degli abitanti si ferma sotto quota 10mila euro. A dichiarare più di 70mila euro è solo il 2,4%, mentre il 54% si attesta attorno a 30mila.
Le differenze colpiscono soprattutto quando si scorrono i dati sul Pil pro-capite: nel Nord-Ovest è il doppio rispetto al Sud, 31.700 euro contro 17.200. Ma alla voce scompensi bisogna inserire anche il fisco, la cui incidenza diretta pesa molto di più sul lavoro dipendente (21,3%) che su quello autonomo (17,1%), mentre a livello familiare la situazione più gravosa la sopportano le persone sole, sotto i 64 anni. L’aliquota media è pari al 21,6 per cento. Intanto il cuneo fiscale – la famigerata differenza tra il costo sostenuto dal datore di lavoro e la retribuzione netta – continua a salire e sfonda il 46,7 per cento, portando a quota 31mila euro il costo medio del lavoro dipendente.
Bolzano e Aosta al top
Tenendo conto solo del Pil, i più ricchi del Paese si confermano gli abitanti della Provincia autonoma di Bolzano, gli unici (assieme alla Campania) a non aver fatto passi indietro nel biennio «terribile» 2011-2012. Dopo il capoluogo trentino si piazzano Valle d’Aosta e Lombardia, mentre all’ultimo posto della graduatoria si trova la Calabria con 15,5 mila euro, un valore del 57% più basso rispetto alla Lombardia. Ma è tutto il Mezzogiorno a soffrire: in Puglia il Pil pro-capite supera di poco i 16 mila euro, lo stesso vale per la Sicilia.
Autonomi sotto i 15 mila
Divari ampi pure se si vanno a spulciare le tabelle sui redditi. Oltre la metà, precisamente il 55,6% dei redditi lordi individuali (al netto dei contributi sociali) da lavoro autonomo è sotto i 15 mila euro annui, dice l’istituto di statistica, mentre tra i subordinati non si arriva al 40%. L’Istat riconosce che le famiglie che vivono di attività indipendenti hanno un minor carico fiscale, ciò anche a causa, spiega, di contribuenti minimi o altre agevolazioni. Aiuti che, ad esempio, si fanno sentire anche su chi ha figli. Al contrario, risultano più penalizzati i single, la tipologia familiare più «tartassata».
Le reazioni
Di sicuro, chi siederà al ministero del Mezzogiorno avrà parecchio lavoro. «I dati diffusi ieri dall’Istat sono estremamente preoccupanti e riportano il tema del Sud d’Italia tra le assolute priorità del Paese, che non può essere più rimandato», dice il presidente di Federdistribuzione Giovanni Cobolli Gigli. Un’ansia, la sua, condivisa dai sindacati. «Mancano politiche industriali e di sviluppo», attacca il segretario confederale della Cgil Gianna Fracassi. Mentre la Cisl sposta l’obiettivo sul fronte fiscale: «I dati confermano uno schiacciamento della distribuzione dei redditi sempre più verso il basso ma anche come le dichiarazioni dei redditi non rispecchino ormai la reale situazione economica del Paese, per l’elevato livello di illegalità ed evasione fiscale», dice il segretario confederale Maurizio Petriccioli. Ma quello è un altro capitolo.
La Stampa – 10 febbraio 2015