“L’Italia può bocciare gli Ogm solo se ne dimostra i rischi”. Il governo l’ha bandito nel 2013, ma per l’avvocatura Ue è un atto illegale
Emanuele Bonini. Si può vietare la coltivazione di prodotti geneticamente modificati, purché prima si dimostri che ciò comporti «un rischio manifesto e grave» per la salute umana, la salute degli animali e per l’ambiente. Cosa che non ha fatto l’Italia, a detta dell’avvocato generale dell’Ue, Michal Bobek. Se la Corte di giustizia europea dovesse condividere le conclusioni del giurista non ci saranno condanne o multe, né si spalancheranno le porte a cibi transgenici, ci sarebbe però una bocciatura politica: il decreto interministeriale con cui nel 2013 sono stati proibiti gli Ogm rischia di essere dichiarato illegale. Non una bella figura per il Paese, e neppure per il governo presieduto allora da Enrico Letta, che pure gode di grande stima in Europa.
L’Italia rischia la faccia sul mais transgenico Mon810. Autorizzato dalla Commissione europea e dall’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa) perché considerato privo di rischi per salute e ambiente, è stato stoppato dal governo sulla base di dati che secondo le autorità nazionali dimostravano il contrario. L’esecutivo comunitario non ha giudicato sufficienti gli elementi forniti da Roma, che ha decretato comunque lo stop alla coltura bio-tech e perseguito Giorgio Fidenato, presidente di Agricoltori Federati, che nel frattempo l’aveva piantata nel rispetto delle leggi europee ma in violazione di quelle italiane.
Dal 2013 a oggi la legislazione comunitaria in materia però è cambiata.
È stata aggiornata dalla direttiva sugli ogm del 2015, che in particolare ha introdotto la facoltà per gli Stati di decidere se autorizzare o meno la presenza di organismi geneticamente modificati su suolo e mercato nazionali, dando una discrezionalità tutta nuova ai governi nazionali. Un mutato quadro giuridico che nella pratica opera da «sanatoria» per l’Italia, anche se per l’avvocato generale non vale la retroattività per la causa in essere. Vuol dire che se la Corte darà torto all’Italia comunque resterà il bando al bio-tech, ma il decreto verrà dichiarato contrario alle precedenti leggi e decadranno le sanzioni comminate in Italia.
Quello su cui si è espresso l’avvocato generale e su cui dovrà pronunciarsi la Corte di giustizia dell’Ue è un caso relativo a «un quadro normativo ormai del tutto superato», riassume Coldiretti. In Italia i prodotti geneticamente modificati sono vietati sulla base della direttiva Ue approvata nel 2015, introdotta «giustamente» secondo l’associazione agricola perché aiuta a tutelare salute, ambiente, e la qualità del cibo made in Italy.
A livello politico si prende atto delle conclusioni dell’avvocato generale, e si sceglie la via del silenzio. Nessun imbarazzo, chiariscono fonti italiane. Si preferisce sorvolare perché il parere di Michal Bobek non è vincolante per la Corte Ue né produce effetti di alcun tipo, e poi perché nella pratica non cambierà nulla. L’Italia è e resterà un Paese ogm-free.
«Contano i fatti». È questa la reazione italiana non espressa e che, assicurano a Roma, risponde anche all’azione di palazzo Chigi. Nei fatti l’Italia continuerà ad attuare le normative Ue più recenti che lasciano ai governi facoltà di scelta, normative che, si ricorda, sono il frutto del lavoro svolto dall’Italia in Europa in particolare durante il semestre di presidenza dell’Ue. Però il decreto interministeriale del 2013 rischia di tramutarsi in un pasticcio tutto nazionale. Anche questo è un fatto.
La Stampa – 31 marzo 2017