Bruxelles ci guarda e ci indica la rotta. Superata la fatica del Def, che verrà presentato domani, per il governo Renzi gli esami non finiscono qui. Con l’invio del documento entro il 15 aprile, come prescrive il Two Pack, prende il via il cosiddetto “semestre europeo”, all’insegna del coordinamento delle politiche economiche sotto l’occhio vigile dell’esecutivo Ue. Un mix di vincoli e scadenze, con qualche spiraglio che si apre per il prossimo autunno, soprattutto se il “pacchetto riformatore” sortirà gli effetti annunciati.
Vietato abbassare la guardia, perché intorno a metà maggio, a ridosso delle elezioni europee, il primo banco di prova per le stime contenute nel Def saranno le Previsioni economiche di primavera della Commissione Ue. Poche settimane dopo, il 2 giugno, arriverà invece la pagella sotto forma di raccomandazioni, con la valutazione dei progressi fatti dai Ventotto e un primo parere sulle riforme annunciate. Nel 2013 l’Italia aveva incassato sei raccomandazioni su conti, pubblica amministrazione, competitività delle imprese, lavoro, fisco e liberalizzazioni. «A conti fatti – sottolinea Fabio Fois, Southern European economist di Barclays – a oggi il cantiere è ancora aperto. Il governo Renzi ha già riempito alcune caselle e annunciato una serie di misure per i prossimi mesi la cui potenziale efficacia dovrà però essere valutata quando saranno in vigore». Il semaforo che misura il grado di attuazione volge per ora al giallo in cinque casi ed è in profondo rosso sulle liberalizzazioni.
La Ue invitava l’Italia a mantenere il deficit sotto il 3% del Pil e ad abbassare il debito, puntando sulla spending review. Nel 2013 il criterio del disavanzo è stato rispettato, «ma il governo – spiega Silvio Peruzzo, senior European economist di Nomura – dovrà dimostrare di mantenere gli impegni anche per il 2014», per continuare a far parte del club dei virtuosi, dove è stata ammessa nel maggio scorso, mentre la Francia è esclusa. «Per alcuni semafori – aggiunge Peruzzo – potrebbe scattare a breve il verde se il Def riuscirà a garantire le adeguate coperture».
La nota dolente è stata, ed è ancora, il debito, che la Commissione Ue nelle previsioni di febbraio stima per quest’anno al 133,7%, un livello secondo solo alla Grecia, che imbriglia la ripresa.
La seconda strigliata riguardava la pubblica amministrazione, con un cahier de doléances sui mali che affliggono il Paese: le sacche di inefficienza della burocrazia, il quadro normativo complesso, la giustizia civile lumaca e la corruzione dilagante. Se finora, come sottolinea la Commissione nel recente rapporto sugli squilibri macroeconomici, i progressi sono stati limitati, gli occhi di Bruxelles saranno puntati sul piano di snellimento della Pa preannunciato per aprile, che dovrebbe essere presentato nel Programma nazionale di riforma e potrebbe migliorare il giudizio finale.
Il potenziamento del Fondo di garanzia per le Pmi, che ha consentito finanziamenti in aumento del 74% nei primi due mesi del 2014, non basta a sciogliere il nodo dell’accesso al credito per le imprese, che frena la competitività del Paese.
Un altro fronte aperto è quello del rimborso dei debiti della Pa. Dopo il decreto del 2013, che ha sbloccato 23,5 miliardi, il governo ha annunciato un nuovo piano per arrivare a fine luglio a quota 68 miliardi. Secondo Paolo Licciardello, presidente di Assifact, l’associazione delle società di factoring, «il nuovo disegno di legge annunciato è un passo positivo nelle intenzioni che rischia, in assenza di soluzioni applicative chiare e semplici e di un attento lavoro di coordinamento con le normative precedenti, di non rappresentare l’attesa “svolta buona” per sanare la piaga dei ritardi».
Sul fronte dell’occupazione, vera emergenza per il Paese, secondo Fois, «la riforma Poletti all’esame del Parlamento è un passo nella giusta direzione all’insegna della semplificazione, ma occorre completare la proposta con l’introduzione del contratto unico a tutele crescenti e possibilmente mettere in campo nuove regole di negoziazione salariale».
Sul terreno del fisco, qualche passo avanti è stato fatto con la tassazione delle rendite finanziarie, la riforma del catasto e i progressi nella lotta all’evasione. L’invito degli economisti è per una ridefinizione della tassa sulla casa più equa e basata sui valori catastali. Nelle retrovie appare invece l’Italia sul fronte delle liberalizzazioni. «Il tema – precisa Fois – non sembra essere al centro delle prossima agenda di governo».
La pagella della Commissione passerà poi al vaglio del Consiglio Ecofin del 20 giugno, che potrà anche limare alcune richieste. In seguito, dopo il via libera formale dei leader europei il 26-27 giugno, le raccomandazioni diventeranno vincolanti. Le mosse del governo nei prossimi mesi saranno dunque determinanti per convincere la Commissione sull’efficacia delle riforme, che potrebbero anche rivelarsi una merce preziosa da esibire sul tavolo dei negoziati in autunno, nel pieno della presidenza di turno europea affidata all’Italia e con il nuovo esecutivo Ue. Potrebbe infatti tornare d’attualità il tema dello scorporo degli investimenti produttivi nel calcolo del deficit che l’esecutivo Ue ha negato lo scorso novembre. O il rilancio del dibattito su una maggiore flessibilità nella riduzione del debito, con le riforme attuate che valgono come circostanze attenuanti per allentare il ritmo che verrà imposto all’Italia dal fiscal compact a partire dal 2016.
Il Sole 24 Ore – 7 aprile 2014