Trasparenza per quanto riguarda le sperimentazioni sui farmaci. Sul perché vengono approvati, sul perché sono bocciati. L’Agenzia europea del farmaco (Ema) è nel mirino delle aziende produttrici perché pubblica le informazioni sulle ricerche e le sperimentazioni presentate.
Nel nome della trasparenza, l’italiano Guido Rasi (gia direttore della nostra agenzia e oggi all’Ema) ha infatti cominciato a rendere pubblici i dossier, attirando le ire legali di almeno tre aziende multinazionali del farmaco.
Il Financial Times ha scritto ieri di AbbVie, un importante gruppo farmaceutico americano, che ha fatto causa all’Ema. Non è il primo. Da una parte c’è il fronte dei sostenitori della nuova linea Ema-Rasi di una maggiore trasparenza in materia di medicinali; dall’altra c’è il fronte delle aziende che vede la trasparenza come una minaccia. A cominciare dalle agguerrite concorrenti che producono farmaci-copia. Insomma trasparenza sì, ma grezza. Non troppo precisa. E c’è anche chi ha fatto un’ingiunzione per cercare di bloccare il nuovo corso dell’Ema.
Tutto in mano alla Corte di giustizia europea. Rasi però insiste: «La trasparenza è fondamentale sui dati che riguardano la sicurezza del farmaco e la sua efficacia». Si attendono le decisioni giuridiche, anche perché l’Ema si è impegnata a rilasciare pubblicamente, entro l’inizio del 2014, tutti i dati sui nuovi medicinali una volta che ha deciso di approvarli o di respingerne l’uso in tutta l’Unione Europea. Si capirà anche quante ricerche sono effettuate in modo indipendente. E se si esagerano i benefici o minimizzano i rischi. I concorrenti però — è l’accusa rivolta dalle case farmaceutiche — in questo modo potrebbero approfittare della pubblicazione di dati «commercialmente sensibili».
Il direttore generale dell’Agenzia italiana del farmaco, Luca Pani, esprime «condivisione e pieno sostegno al percorso di trasparenza totale avviato dall’Ema, attraverso il suo direttore esecutivo Rasi, per rendere pubblici i risultati delle sperimentazioni cliniche e consentire ai pazienti, alle autorità regolatorie, ai ricercatori e ai medici di poterli conoscere e valutare».
«Il principio di trasparenza — spiega Pani — costituisce un valore fondante e una pietra miliare per l’Agenzia italiana del farmaco. Auspichiamo che la sentenza della Corte generale, che dovrà pronunciarsi a breve, sostenga il principio per cui i dati clinici relativi alle valutazioni scientifiche sui medicinali dovrebbero essere accessibili al pubblico. Se così non fosse, se venissero dichiarati i dati clinici come informazioni commercialmente confidenziali, si configurerebbe un precedente grave».
Del tutto diverso il punto di vista delle aziende. Secondo AbbVie — che ha presentato due ricorsi contro l’Ema — «le informazioni riservate e commercialmente sensibili» vanno protette. «AbbVie supporta la trasparenza della ricerca clinica e le informazioni sulla sicurezza a beneficio dei pazienti e degli operatori sanitari — replica l’azienda —. Di conseguenza tutti i risultati dei nostri studi clinici sono disponibili su clinicaltrials.gov». Ma, e qui c’è la rottura, «una recente analisi dell’Istituto Cochrane ha riscontrato che la maggior parte delle richieste dei dati depositati presso la Ema provengono da aziende farmaceutiche, non da ricercatori. Questo sottolinea la nostra preoccupazione che le informazioni commerciali riservate contenute nei documenti depositati possano essere utilizzate da altre aziende per competere contro il detentore del brevetto del farmaco».
Mario Pappagallo – Corriere della Sera – 12 marzo 2013