Venezia. Laureati senza un lavoro raddoppiati in cinque anni
Quelli che ce la fanno guadagnano il 18 % in meno. Dopo un anno dalla tanta agognata laurea un medico (o un architetto o un avvocato o un veterinario) guadagna in media 1.024 euro al mese.
Se ha la fortuna di non far parte di quel 20,8% ancora in cerca di occupazione. Tra chi ha invece trovato un lavoro, solo il 35% è stabile (con un contratto a tempo indeterminato o un attività che lo rende autonomo). Eppure, nonostante tutto, ha fatto bene a prendere quel «pezzo di carta». È un investimento che gli consentirà di cavarsela meglio di un diplomato, basta avere un po’ di pazienza.
È questo la fotografia scattata AlmaLaurea, il consorzio interuniversitario che rappresenta il 78% dei laureati in Italia, nel XV rapporto sulla condizione occupazionale che sarà presentato oggi a Venezia alla Ca’ Foscari: 400 mila giovani coinvolti, 64 atenei monitorati, indagato lo «sbocco» nel mercato del lavoro dopo uno, tre e cinque anni.
Inutile dirlo, la crisi schiaccia come un macigno il futuro dei ragazzi che hanno concluso il loro ciclo di studi e vorrebbero mettersi subito alla prova. Il confronto con gli ultimi cinque anni non lascia spazio a interpretazioni. Nel 2007 i laureati di primo livello (corsi triennali) disoccupati dopo il primo anno erano l’11,2%, nel 2011 erano più del doppio (22,9%). Stesso incremento (12%) per gli specialisti e quelli usciti da un corso a ciclo unico. I livelli di occupazione raggiungono livelli tra il 60 e 70% solo sommando chi ha già un posto «sicuro» a chi è impegnato in attività formative per quanto ricompensate.
Non gioiscono tutti allo stesso modo quelli che portano a casa una retribuzione. Il nodo della precarietà è uno dei punti più dolenti che emergono dalla ricerca. Meno 10% (rispetto al 2008) di contratti stabili tra i triennali, -6 tra gli specialisti, -3 tra i colleghi a ciclo unico. Crollati gli impieghi a tempo indeterminato: -13% tra i laureati triennali, -8 tra gli specialisti e -4 tra quelli a ciclo unico. In crescita i lavoratori in nero (7% tra i laureati di primo livello, ancora peggio medici e colleghi dei corsi quinquennali con il 12,5%).
Come detto, nonostante i risultati negativi alla laurea bisogna ancora credere. «Nell’ultimo anno registriamo un ulteriore deterioramento delle performance occupazionali — spiega Andrea Cammelli, docente di Statistica e direttore di AlmaLaurea —. Ma nell’arco della vita lavorativa, la laurea continua a rappresentare un forte investimento contro la disoccupazione, anche se meno efficace in Italia rispetto agli altri paesi».
Il quadro che si presenta dopo cinque anni dalla laurea è più incoraggiante. Magari non per quanto riguarda i guadagni: in media 1.440 euro, con gli ingegneri i più ricchi (1.748 euro) e i psicologi i più poveri (963 euro al mese). Il tasso di disoccupazione scende però al 6% e anche la stabilità si dilata fino a 7/8 occupati su dieci. In generale i laureati godono di un tasso di occupazione più elevato di 12 punti percentuali rispetto ai diplomati.
Gli altri dati confermano quanto già sappiamo: il Sud sta peggio del Nord (anche se anno dopo anno la forbice si accorcia); gli stage e i tirocini rappresentano un valore aggiunto; in Italia, più che altrove, le condizioni socioeconomiche di partenza pesano maggiormente sui successi futuri.
Conclude Cammelli: «Occorre investire di più nei giovani e questo richiede almeno tre cose: dare loro più peso nelle decisioni collettive; investire nella loro formazione; inoltre e soprattutto, dare maggior peso alla conoscenza ed alla competenza piuttosto dell’abitudine consolidata a premiare, come oggi, l’anzianità anagrafica e di servizio». Mentre il rettore di Ca’ Foscari Carlo Carraro, padrone di casa, con orgoglio mostra i dati del suo ateneo superiori alle medie nazionali.
Riccardo Bruno – Corriere della Sera – 12 marzo 2013