Gli studiosi hanno usato un composto per ‘accecare’ il Dna del parassita prima di introdurlo nei topi di laboratorio. Il composto ha bloccato la riproduzione del parassita
DOPO decenni di ricerche e sperimentazioni, si avvicina la creazione di un vaccino ‘totale’ contro la malaria. Per la prima volta un gruppo di ricercatori australiani dell’Università Griffith di Brisbane, guidati da Michael Good dell’Istituto per la Glicomica, sono riusciti a far scattare una risposta immunitaria contro tutto il parassita della malattia, il protozoo plasmodio. I vaccini sviluppati finora puntano, invece, su proteine individuali del parassita e hanno efficacia limitata perché in seguito le proteine mutano. La sperimentazione è stata fatta su topi da laboratorio, ma presto verrà provata anche sull’uomo.
Gli studiosi hanno usato un composto per ‘accecare’ il Dna del parassita prima di introdurlo in topi di laboratorio. Il composto ha lasciato strutturalmente intatto il parassita ma gli ha impedito di moltiplicarsi.
“Per noi è stato sorprendente vedere che i topolini erano protetti non solo sul ceppo di malaria che stavano trattando, ma su tutti i ceppi della malattia – commenta Good – . L’organismo reagisce come se fosse un vero parassita vivente e produce una risposta immunitaria per ucciderlo. Quando poi riceve un parassita integro, il sistema immunitario lo neutralizza”. La malaria è la più diffusa fra le malattie causate da parassiti, con stime di quasi un milione di morti ogni anno, soprattutto tra i bambini. “Si registrano 247 milioni di casi l’anno in 109 diversi paesi – spiega Good -. L’85% delle persone che perdono la vita sono bambini, troppo fragili per combattere il parassita. Se il vaccino funzionerà il mondo cambierà.”
Molti vaccini sono stati sperimentati, ma l’immunità che procurano è incompleta e di breve durata. Le ricerche si sono finora concentrate nello sviluppo di vaccini che puntano su proteine individuali nella speranza di indurre una più ampia risposta immunitaria.
“Il problema con quell’approccio, come è emerso ogni volta, è che le proteine mutano. Una piccola differenza in una qualsiasi delle proteine è spesso sufficiente per far sì che la risposta immunitaria che riconosce un ceppo non ne riconosca un altro. Poiché noi usiamo nel vaccino l’intero parassita, il nostro approccio elimina il problema”, spiega Good.
L’Università Griffith cerca ora volontari per una sperimentazione umana, che comporta farsi contagiare dalla malaria. Good assicura tuttavia che non vi saranno rischi, perché l’infezione può essere fermata prima che il soggetto si ammali. Se tutto andrà bene, il nuovo vaccino potrà essere ampiamente disponibile entro cinque anni.
Secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della sanità, nel 2010 219milioni di persone sono state infettate dal virus e 660.000 sono morte. Un bilancio ancora più alto è quello fornito da un recente studio pubblicato su Lancet che parla invece di più di un milione di vittime l’anno.
La malaria si trasmette esclusivamente attraverso le punture di zanzare infette. E’ diffusa in Africa, in America Centrale e del Sud ed in Asia. Nel corpo umano i parassiti della malaria si moltiplicano nel fegato e quindi dopo una incubazione infettano globuli rossi. Febbre, mal di testa, tensione di muscoli nucali, brividi e sudorazione, talvolta nausea, vomito e diarrea, sono i sintomi che compaiono solitamente tra i 10 ei 15 giorni dopo la puntura.
Repubblica – 3 luglio 2013