Il “mangiare diverso”, nuove abitudini alimentari da conoscere e controllare. Questo il tema insolito del convegno, organizzato da Ulss 5 e Simevep, che si terrà a Lonigo il prossimo 7 giugno. Aperto a medici, veterinari, tecnici della prevenzione, indagherà gli aspetti igienico-sanitari, culturali, di etichettatura e le esperienze di controllo ufficiale dei nuovi “cibi”. All’alba del terzo millennio il mondo sta diventando sempre di più un “villaggio globale”. Gli scambi commerciali, gli spostamenti delle persone e le inevitabili mescolanze delle diverse etnie fanno sì che il vivere delle persone oggi non sia più quello a cui eravamo abituati. E certamente anche le pietanze, i cibi e le relative abitudini alimentari della gente, non possono certo sfuggire all’effetto di questo veloce processo di mondializzazione (nella foto larve di bamboo). Scarica il programma
Un’indagine sull’alimentazione di qualche anno fa sosteneva che i cibi e le bevande che si potevano trovare dappertutto nel mondo erano solo otto (coca cola, pasta, chili con carne, cuscus, hamburger, pizza, caffè e sushi).
Al giorno d’oggi invece, grazie anche alle grosse catene distributive, sono ovunque in commercio e si incontrano materie prime, pietanze e consuetudini alimentari “strane e diverse”, che non appartengono alla nostra cultura culinaria e che pertanto conosciamo poco e male.
E questo ovviamente può determinare l’insorgere di nuovi fattori di rischio per la sicurezza alimentare dei cittadini. Fattori di rischio che, come operatori di sanità pubblica, dobbiamo approfondire e valutare, ai fini della prevenzione e della gestione di eventuali problematiche di tossinfezione alimentare, anche, e non solo, con particolare riferimento ai nostri sistemi di gestione e comunicazione di dati e informazioni (allerte alimentari, protocolli con pronto soccorso, reti informative ospedaliere, contatti con altri servizi di prevenzione, etc.).
Il “mangiare diverso” – Nuove abitudini alimentari da conoscere e controllare – 7 giugno – Centro di formazione di Lonigo (Vicenza) – scarica il programma |
Mangiare gli insetti è una curiosa pratica esotica o una necessità nutrizionale e ambientale valida anche per l’occidente?
Per ogni uomo, ci sono sul pianeta quaranta tonnellate di insetti già disponibili
Fabio Di Todaro – Il Fatto alimentare. In Italia servirà del tempo per convincere la popolazione che inserire gli insetti nella dieta può essere importante. Da un lato c’è l’efficacia nutrizionale, comprovata da diversi lavori scientifici, dall’altro una maggiore sostenibilità ambientale, in un periodo in cui la terra è oltremodo sfruttata per l’allevamento e i mari sono sempre meno pescosi. Per ogni uomo, ci sono sul pianeta quaranta tonnellate di insetti già disponibili. Ma nonostante l’entomofagia sia stata sfruttata prima che fossero scoperte la caccia e l’agricoltura, in Italia si parla raramente dell’opportunità di utilizzare gli insetti a tavola. «Conviene abituarsi, perché dal 2020 non avremo molte alternative», disse un anno fa Marcel Dicke dell’università olandese di Wageningen, il principale ateneo europeo a occuparsi di entomofagia, in un’intervista rilasciata a “Wired”.
Chi ascolta, lo fa spesso con sospetto. Mangiare grilli, cavallette e formiche potrebbe presto divenire la soluzione alla fame nei paesi in via di sviluppo e offrire una soluzione in più ai menù consumati sulle nostre tavole.
Il tema è di stretta attualità: a Londra è in corso “Pestival 2013”, il primo festival dedicato agli insetti come alimento. Non si tratta di un incontro tra addetti ai lavori visto che la Fao finanzia da anni programmi di ricerca nel sud-est asiatico e in Africa, dove due miliardi di persone mangiano larve e insetti.
«Nel 2050 saremo nove miliardi e l’incremento della popolazione mondiale pone il problema di come garantire a tutti un equilibrato apporto alimentare – spiega Roberto Valvassori, docente ordinario di zoologia all’università dell’Insubria -. È necessario ricercare fonti alimentari sostenibili per non compromettere la biodiversità e le risorse territoriali, idriche e forestali».
Nel mondo sono 1900 le specie di insetti commestibili riconosciute dalla Fao e consumate soprattutto in America centrale e meridionale, Africa, Asia e Australia. Nella lista troviamo cavallette, termiti, formiche, coleotteri, falene. «In Thailandia alcuni insetti vengono considerati una vera rarità, mentre in Occidente l’idea di mangiarli suscita disgusto, anche se dal punto di vista nutrizionale sono un’ottima fonte di grassi, proteine e sali minerali». Il tabù è già stato fatto cadere in Europa da alcuni cuochi di grido come Renè Redzepi, proprietario del Noma di Copenhagen, considerato il miglior ristorante al mondo e Carlo Cracco che inseriscono piatti a base di insetti nei loro menù. Per produrre la stessa quantità di proteine dagli insetti basta un quarto del cibo somministrato alle pecore e la metà di quello dato a suini e polli.
Ciò nonostante, nel mondo sono pochissimi gli allevamenti controllati. Nascono da questa evidenza diverse problematiche correlate alla raccolta indiscriminata dall’ambiente. «Chi si ciba di insetti, o li utilizza come mangime per i propri animali di allevamento, lo fa sottraendoli direttamente in natura, pratica che pone problemi legati al prelievo indiscriminato e alla conservazione – afferma Valvassori -. L’argomento è però di grande interesse per le potenzialità che potrebbe assumere a livello ambientale: per produrre un chilo di insetti bastano due chili di vegetali, mentre per un chilo di carne bovina ne servono dieci». Il costo della carne è in aumento: in termini economici, ma anche di ettari di foresta distrutti per il pascolo o per coltivare il foraggio per il bestiame.
Gli studiosi di entomofagia segnalano il basso contributo degli insetti in termini di emissioni di gas serra, accompagnato da un alto tasso di conversione alimentare. Necessitano di un quarto del cibo con cui vengono fatte crescere le pecore e della metà di cui si nutrono suini e polli, per produrre la stessa quantità di proteine. La Cina ha già allestito enormi allevamenti di larve, Zimbabwe e Laos hanno sviluppato diversi progetti di raccolta degli insetti. Il business è partito anche nel Regno Unito, seppur non in via ufficiale: qualche settimana fa un uomo è stato arrestato alla dogana di Gatwick dopo essere sceso da un volo proveniente dal Burkina Faso con 94 chili di larve, del valore di circa quarantamila euro.
13 maggio 2013