Un accordo di massima sui conti italiani — rigorosamente informale — è stato raggiunto nelle ore precedenti all’approvazione della Nota di aggiornamento al Def: l’Europa è pronta a concedere quei 14 miliardi di flessibilità sul 2020 richiesti dal governo. Uno sconto significativo sull’aggiustamento delle finanze pubbliche che permette al ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, di tenere il deficit al 2,2% del Pil senza scossoni e mettere in campo quella manovra “non restrittiva” promessa a metà settembre all’Eurogruppo di Helsinki. Tuttavia affinché il via libera di Bruxelles diventi ufficiale dovranno essere consumati una serie di passaggi tecnici e politici. Per questa ragione ieri alle domande sulla Nota di aggiornamento i portavoce della Commissione Ue rispondevano “no comment”.
Il calendario europeo ora prevede entro il 15 ottobre la notifica della legge di Bilancio — i cui numeri sono incorniciati dalla Nota di aggiornamento — con possibilità di bocciatura Ue entro il 30 del mese. Evento che non si verificherà, raccontano a Bruxelles, come emerso lo scorso fine settimana in una serie di contatti informali a livello tecnico e politico tra Via XX Settembre e i responsabili europei, il francese Pierre Moscovici e il lettone Valdis Dombrovskis. Scampato il primo “ko” nel quale erano incappati i gialloverdi con conseguente spread alle stelle, le tappe successive prevedono il primo novembre l’insediamento della nuova Commissione con Paolo Gentiloni all’Economia, il 7 la pubblicazione delle previsioni economiche Ue e il 20 novembre il giudizio finale sulla manovra 2020.
Cinquanta giorni durante i quali proseguiranno contatti, discussioni e approfondimenti tecnici del dossier Italia. Magari con qualche tensione di superficie, richiesta di chiarimenti e moniti sul fatto che i conti sono al limite delle regole Ue. Ma nulla rispetto ai drammatici giorni dello spread vissuti dal Paese a causa sforamento intenzionale della regola del debito nell’autunno 2018 e nella scorsa primavera terminati con due pesanti correzioni dei conti imposte dall’Europa a Salvini e Di Maio. Dopo le quali, lo scorso giugno, la Ue aveva ingiunto a Roma di correggere il deficit 2020 dei sei decimali, circa 12 miliardi da sommare ai 23 di Iva. Gualtieri ha però ottenuto uno 0,5% di flessibilità che porterà i conti del Paese a una conformità con le regole Ue non “piena”, ma comunque “di massima” e dunque sufficiente.
Una decina di miliardi di sconto al quale si aggiungeranno altri due decimali (circa 4 miliardi) previsti dalla flessibilità legata a eventi eccezionali, ovvero le spese per la ricostruzione del ponte Morandi. In tutto uno 0,7% di deficit, circa 14 miliardi. Per avere la certezza che i conti tornino però il Tesoro dovrà trovare nella manovra coperture credibili ai quei 5 miliardi sfumati con il “niet” di Renzi e Di Maio alla rimodulazione dell’Iva.
Uno scenario positivo, ben diverso da quello dello scorso anno non solo nell’esito, ma anche nelle modalità. Al posto dell’esultanza dal balcone di Chigi e dello scontro pro sondaggi, un dialogo discreto capace di arrivare a un risultato più rotondo (deficit al 2,2%) rispetto a quello gialloverde (2,04% dal 2,4% inizialmente preteso) strappato senza le polemiche che hanno bruciato decine di miliardi causa spread. Insomma, il massimo dell’ottenibile tenendo i conti a posto e con il minimo spreco sui mercati. A dimostrare che in Europa cooperando senza sbattere i pugni sul tavolo un compromesso si trova sempre.
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