Il sindaco di Verona: «Onorato ma sarò solo il portabandiera del Carroccio, non lascio la mia città prima del tempo»
Fare il candidato premier va bene, è una cosa che fa curriculum e dà prestigio. Però sia chiaro fin da subito: Flavio Tosi, sindaco di Verona e segretario nathional della Lega Veneta, è pronto a portare la bandiera del Carroccio alle prossime elezioni politiche, ma lo farà soltanto perché, stringi stringi, sa benissimo che non c’è alcun rischio di diventare veramente presidente del consiglio. Non solo: è fuori discussione che Tosi possa abbandonare anzitempo la poltrona di sindaco. É talmente fuori discussione che, come ha chiarito il diretto interessato, la sua candidatura «romana» sarà da esterno, soltanto come potenziale premier e non come parlamentare (quest’ultima, infatti, richiederebbe le dimissioni dalla carica di primo cittadino per ragioni di ineleggibilità). La notizia, che montava da giorni, ha trovato conferma pubblicamente giovedì sera al teatro Duse di Asolo (Treviso), dove Tosi ha partecipato a un dibattito insieme con il leader della Lega 2.0, Roberto Maroni.
Aspettando sulle colline trevigiane l’arrivo del Capo, in forte ritardo a causa delle convulsioni della giornata politica nazionale con il governo Monti sull’orlo del precipizio, il sindaco di Verona si è sbilanciato così: «Se il segretario federale candidasse me alla presidenza del Consiglio dei ministri sarebbe ovviamente un onore». E ha aggiunto: «Da 20 anni sono militante della Lega, e dalla Lega ho avuto moltissimo. Sarebbe un altro importante riconoscimento. Poi – ha osservato però Tosi – io sono sindaco della mia città, sono stato da poco rieletto, il pericolo che io faccia veramente il premier non ci sarebbe perché si dovrebbe verificare un’ecatombe degli altri candidati e dunque – ha concluso – potrebbe diventare una bella battaglia di bandiera per portare consenso al movimento e poi continuare a fare il sindaco di Verona». Una volta sbarcato ad Asolo, Maroni ci ha messo il carico, come da attese: «Ho grande stima di Tosi, si sa, e le elezioni politiche potrebbero essere ormai vicinissime. Noi siamo pronti: se Flavio è d’accordo per noi va benissimo, ma deve continuare a fare il sindaco, perché per noi il territorio viene prima di tutto».
Come volevasi dimostrare. Lo stesso Tosi ne aveva parlato con grande chiarezza, intervenendo in mattinata alla trasmissione «24 Mattino» su Radio 24, l’emittente confindustriale. Commentando la sua ancora ipotetica candidatura a premier per la Lega, il numero uno dei padani veneti l’aveva messa giù senza tanti fronzoli: «Partiamo da un presupposto – aveva premesso -: io rimango a fare il sindaco di Verona. Sono un militante, quello che decide il movimento si fa. Però se ci fosse un’ipotesi di un impegno vero a Roma non lo farei ». Tradotto ed esplicitato: «Mi candido a premier – aveva aggiunto Tosi – soltanto se è una corsa di bandiera, se la candidatura dura il tempo della campagna elettorale per sostenere le tesi della Lega di ammodernamento del Paese, di sburocratizzazione, di riduzione della spesa pubblica. Insomma lo farei sapendo che tanto non c’è pericolo di fare il premier». Ma come, un Tosi abituato a stravincere, almeno a casa sua, che si candida solo sapendo di perdere? «Io sono realista – aveva risposto lui – non credo che qualcuno oggi in Italia pensi veramente che un leghista possa andare a fare il premier. È sano realismo». Non solo è sano realismo. È anche naturale disincanto rispetto a un quadro politico incerto e indefinito come non mai, a cominciare proprio dalle possibili alleanze della Lega in ambito nazionale. Maroni, soltanto tre giorni fa, aveva sancito che la strada di gran lunga preferibile per la Lega era quella di «correre da soli». Dove il soli si riferisce alle (scarne) possibilità di un ritorno dell’alleanza con il Pdl berlusconiano.
Nel frattempo, però, lo stesso Maroni ha stretto un patto elettorale con l’ex superministro Giulio Tremonti e il suo neonato movimento delle 3L, finalizzato soprattutto alla corsa per la presidenza della Regione Lombardia. E ieri, guarda caso, hanno preso a circolare voci insistenti – sempre relative alla Lombardia – di un ticket governatore-vice composto proprio da Maroni e da Maristella Gelmini. La quale, fino a prova contraria, è pur sempre un’esponente del Pdl. Insomma, la confusione è tanta sotto il pallido sole del 2013. Di una cosa, però, Tosi si sente sicuro, ed è una cosa che riguarda Silvio Berlusconi: «Per me, sarebbe meglio se facesse il padre nobile, come ha fatto Bossi con la Lega, senza ricandidarsi in prima persona: sarebbe il servizio migliore che potrebbe rendere alla sua creatura, Forza Italia, e al centrodestra». A quanto sembra, il Cavaliere non l’ha ascoltato.