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Maxi-ingorgo di fine anno tra tasse e scadenze. In 50 giorni 22 appuntamenti: in gioco 120 miliardi. Nell’incertezza più totale

ingorgo fiscalePrevisto dagli analisti, temuto dai contribuenti, ingigantito dalla politica dei rinvii, l’ingorgo fiscale di fine anno è alle porte. La complicata macchina amministrativa di casa nostra non è nuova ad affollamenti di tasse e scadenze, ma rispetto agli esempi del passato la sventagliata di tasse dei prossimi mesi ha due caratteristiche in più: le cifre in gioco, che tra imposte dirette, Iva, e tributi locali dovrebbero portare nelle casse pubbliche almeno 115-120 miliardi di euro entro fine anno, e l’incertezza che ancora domina quasi tutti i meccanismi di tassazione e di riscossione. Già, perché novembre è iniziato da un pezzo, le scadenze sono vicinissime ma la maggioranza delle decisioni deve essere ancora presa, sia dallo Stato sia dai Comuni: con tanti saluti alla pianificazione fiscale, ai diritti del contribuente e al loro Statuto, secondo cui chi paga le tasse dovrebbe conoscerne l’ammontare all’inizio dell’anno per poter programmare in modo consapevole le proprie scelte.

I primi appuntamenti

Le danze si aprono fra otto giorni, il 18 novembre, quando sarà tempo dei versamenti Iva mensili o trimestrali e della Tobin Tax sulle transazioni di ottobre. Il nostro Fisco bulimico, però, non si accontenta più dei confini nazionali, e ha cominciato a volgere gli occhi anche all’estero: sempre il 18 novembre, quindi, i proprietari di case fuori dall’Italia dovranno versare l’acconto Ivie, la cugina “straniera” (ma italianissima nell’incasso) dell’Imu, mentre per chi all’estero ha partecipazioni, titoli oppure «ogni altra attività da cui possono derivare redditi di capitale o redditi diversi di natura finanziaria» deve pagare il saldo dell’Ivafe (imposta sul valore delle attività finanziarie all’estero).

Il caos di dicembre

Giusto un paio di settimane di pausa, poi arriva il vero D-day del Fisco 2013. Il 2 dicembre è tempo di acconti (perché il 30 novembre è sabato) per Ires, Irpef, addizionali e Irap, qui l’incertezza domina. Gli acconti di dicembre sono infatti l’ancora di salvezza di tutte le manovre messe in campo nel tentativo affannoso di «superare» l’Imu sull’abitazione principale e in quello fallito di bloccare l’aumento dell’Iva. La rata su Irpef e Ires è già cresciuta di un punto, portando al 100% l’acconto delle persone fisiche e al 101% quello delle imprese, per rimandare da luglio a ottobre l’appuntamento con l’Iva maggiorata, che si rifletterà sull’acconto da pagare il 27 dicembre. Le aliquote degli acconti potrebbero però crescere ancora, agendo in particolare sul «prestito forzoso» chiesto alle imprese e agli istituti di credito. La copertura dello stop all’acconto Imu di giugno sulle abitazioni principali è ancora in parte incerta, perché la “sanatoria” sui concessionari di slot machines che doveva portare 600 milioni di euro arriverà, nelle ipotesi migliori, intorno a quota 350-60 milioni (si veda anche Il Sole 24 Ore di ieri), e la clausola di salvaguardia che può alzare ancora gli acconti (oltre alle accise) è in agguato. Ancora tutte da trovare, poi, le risorse che devono finanziare l’addio al saldo Imu di dicembre: in questo caso il rigonfiamento degli acconti per le banche (fino al 116%) sembra cosa fatta, mentre gli anticipi Irap e Ires sembrano uscire dalla manovra ma manca ancora il dato ufficiale. A tre settimane dall’appuntamento, comunque, la parola «certezza» è assente dal vocabolario del contribuente italiano.

Dallo Stato ai Comuni

Il nostro Fisco, poi, non dimentica mai i proprietari di casa, e non farà eccezione nemmeno il 2 dicembre: per quella data, infatti, va pagata la cedolare secca, per i proprietari che hanno scelto di escludere dall’Irpef il canone di locazione, e l’imposta di registro sui nuovi contratti di affitto.

Dopo il trionfo delle tasse erariali del 2 dicembre, è giusto che il 16 arrivi la festa di quelle locali, di nome o di fatto. Questa volta è il turno dell’Imu non «superata», cioè quella che grava su seconde case, negozi, capannoni e così via. Per tutti ci sarà da fare i conti con le aliquote decise dai Comuni nel corso di quest’anno, che a giugno erano in larga parte sconosciute con la conseguenza che l’acconto è stato basato sui valori del 2012. Non che ora il quadro sia più chiaro: i sindaci vivono nell’incertezza (si veda l’altro articolo in pagina), e comunque hanno tempo fino al 30 novembre per chiudere i bilanci “preventivi” e fissare le aliquote. Entro il 9 dicembre, le delibere andranno pubblicate sul sito Internet, e i contribuenti avranno la bellezza di cinque giorni lavorativi per indagare sulle scelte del sindaco, fare i calcoli e pagare il saldo: senza dimenticare, nel caso di capannoni, alberghi e centri commerciali, che la base imponibile aumenta quest’anno dell’8,33% per il moltiplicatore accresciuto dal decreto «SalvaItalia» di fine 2011. Il protagonismo dell’Imu non deve però far dimenticare il miliardo di euro atteso, sempre entro il 16 dicembre, per la maggiorazione Tares, che di nome finanzia i servizi dei Comuni ma in realtà finisce allo Stato come una tantum. La Tares coinvolgerà proprietari, inquilini e «occupanti» a qualsiasi titolo, e costerà 30 centesimi per ogni metro quadrato dell’immobile di riferimento. In questo caso, insomma, gli importi sono certi, ma la loro effettiva riscossione è una scommessa ancora tutta da vincere: secondo il ministero dell’Economia sono i Comuni a dover inviare i bollettini, raccogliere l’importo e girarlo allo Stato, ma le amministrazioni locali sono tutt’altro che entusiaste di sobbarcarsi gratis i costi della raccolta di un tributo statale.

A gennaio non migliora

Anche perché nessuna regola impone ai Comuni di raccogliere il tributo sui rifiuti insieme alla maggiorazione da girare allo Stato; molti, anzi, a causa delle continue manovre sulla Tares e della possibilità, riemersa in extremis, di applicare le vecchie Tarsu e Tia anche nel 2013, hanno allungato i tempi, e hanno spostato le scadenze del saldo a gennaio del 2014. Nemmeno questa mossa, però, potrà alleggerire l’imbottigliamento dei pagamenti perché entro il 16 gennaio, secondo una generosa previsione scritta nel disegno di legge di stabilità, andrà versata la prima rata del Trise, il nuovo tributo che abbraccia i servizi locali (sotto il nome di Tasi) e, appunto, i rifiuti (con la sigla Tari): in questa girandola di sigle, si arriverebbe a un nuovo primato del Fisco italiano, cioè una scadenza dell’anno nuovo che arriva ancor prima di aver chiuso i pagamenti ordinari dell’anno vecchio.

Da Imu a Tares conti pieni di incognite

Abitazione principale. Sui budget locali pesa l’incertezza dei rimborsi. Il sindaco di Bologna Merola: «Senza compensazioni integrali sarà rivolta»

Gli appuntamenti fiscali piovono, ma le certezze latitano. Dicembre infatti è alle porte, per quasi tutti gli adempimenti è noto l’obbligo di pagamento, ma non la cifra. L’incertezza si concentra nelle amministrazioni locali, che aspettano il saldo Imu e quello Tares ma ancora non riescono a far luce sui propri bilanci reali: l’Imu sull’abitazione principale non si pagherà, come ha assicurato il premier Enrico Letta, ma il tira e molla sulle compensazioni ai Comuni rischia di aprire nuovi squarci nei conti. I sindaci hanno chiesto a gran voce rimborsi misurati sulle aliquote 2013, che in molte città sono aumentate per far quadrare i bilanci, ma il meccanismo caricherebbe di (almeno) 300 milioni aggiuntivi l’impresa di trovare le coperture, che già si mostra difficile, e il Governo si è ben guardato dal dare certezze.

Ovvio però che da qui discendono parecchie conseguenze: solo a Milano, per esempio, l’aumento di aliquota vale circa 120 milioni di euro, che andranno trovati in qualche modo se il Governo non ne terrà conto nei rimborsi. Il caso-Milano, però, si ripete in tanti altri Comuni. Al punto che ieri il sindaco di Bologna, Virginio Merola, ha detto che «se i rimborsi non saranno integrali, ci sarà la ribellione dei Comuni».

Se l’Imu piange, la Tares non ride. Dopo i continui ritocchi sui parametri di calcolo, nel tentativo di ammorbidire i colpi su famiglie e soprattutto imprese dettati dall’abbandono della Tarsu, la legge di conversione del decreto «Imu-2» (il Dl 102/2013) ha previsto la possibilità di riapplicare la vecchia tassa anche per quest’anno, rimandando il problema al 2014. Non è chiaro, però, se lo potranno fare tutti, oppure se la possibilità sarà riservata ai Comuni che ancora non hanno approvato il bilancio come prevede una bozza di risoluzione dell’Economia circolata nei giorni scorsi (si veda anche Il Sole 24 Ore del 7 dicembre).

In breve, i punti interrogativi dominano, e si allargano anche agli acconti che possono ancora essere alzati per coprire un pezzo dell’acconto Imu cancellato in estate o del saldo ancora da abolire. Tra Irpef, addizionali, Ires, Irap, Imu, e Tares, insomma, sono sei le imposte che il mese prossimo vanno pagate in acconto o a saldo, ma che rimangono ignote nelle loro cifre definitive. Al conto si può poi aggiungere la maggiorazione Tares: in questo caso la cifra è conosciutissima (30 centesimi al metro quadrato di ogni immobile occupato), ma il dibattito fra sindaci e Stato è aperto su chi la riscuoterà.

Il Sole 24 Ore – 10 novembre 2013 

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