Sportelli con mediatori linguistici per «invogliare» i migranti ad aderire agli screening e medici di base attivati per una presa in carico del paziente che preveda una rilettura della sua storia sanitaria precedente all’arrivo in Italia. La medicina del futuro anche in Veneto dovrà tenere conto di queste indicazioni elaborate dall’Oms e dal ministero della Salute.
«Quando si parla di cittadini stranieri e quindi di immigrazione si è abituati a pensare soprattutto alle malattie infettive — spiega Santino Severoni, coordinatore Salute pubblica e Migrazione dell’ufficio regionale europeo dell’Oms — ma quella è solo una piccola parte del problema. I casi di malattie infettive ci sono, è chiaro, ma la percentuale più ampia delle problematiche sanitarie dei migranti non è rappresentata da questo». A delineare i punti critici è un rapporto presentato ieri ed elaborato dall’Oms insieme a Ca’ Foscari sulla base dei dati forniti da «Passi», un sistema di sorveglianza sulla salute della popolazione adulta finanziato dal ministero della Salute e coordinato dall’Istituto superiore di Sanità. Il rapporto mette a confronto i dati sanitari dei cittadini italiani e quelli dei migranti.
E i risultati sono sorprendenti. A preoccupare le Usl venete non sono infatti le malattie infettive ma le malattie croniche e gli approcci alle cure. Gli accessi agli screening preventivi, ad esempio, non sono quasi mai utilizzati dai nuovi cittadini. Spesso i migranti all’arrivo si posizionano in una fascia migliore rispetto agli italiani, salvo poi «prendere il vizio» dopo qualche anno in Italia. «E’ molto chiaro, se prendiamo un indicatore come il fumo di sigaretta — spiega Stefano Campostrini, professore di Statistica sociale e sanitaria dell’Università di Ca’ Foscari — il 28% degli italiani fuma, percentuale che scende al 26% per il Nordafrica, al 19% per l’Asia e al 12% per l’Africa subsahariana». Un gap che, qualche anno dopo l’arrivo in Italia, si riduce e che non esiste per l’Est Europa, dove la percentuale di fumatori sale al 40%. «I problemi non sono gli stessi per tutti — dice Campostrini — e la popolazione dei migranti sta crescendo». Nel 2014 gli stranieri erano il 4,4% della popolazione italiana, oggi sono l’8,3%. In secondo piano le malattie infettive. Hiv a parte, ovviamente. Su quel fronte quella che Severoni chiama «mobilità della popolazione» ha portato ad una reinsorgenza della malattia. Sspiega Severoni : «Dipende da un allentamento dell’attenzione nei rapporti occasionali. Ultimamente l’aumento dei casi riguarda soprattutto giovani coppie eterosessuali».
Alice D’Este – Il Corriere del Veneto – 19 maggio 2015