Sara Ricotta Voza. Il mondo ha bisogno della scienza, la scienza ha bisogno delle donne. Perché le donne sono la metà della popolazione mondiale e la comunità scientifica dovrebbe essere eterogenea almeno quanto lo è la società, e poi perché anche studi recenti hanno confermato che i team di ricerca contraddistinti da diversità di genere hanno ottenuto il 34% di citazioni in più rispetto agli altri.
Insomma, le donne fanno bene alla ricerca ma a livello mondiale rappresentano ancora soltanto il 30% dei ricercatori, il 10% delle posizioni accademiche apicali in campo scientifico e – in cauda venenum – il 3% dei Premi Nobel per la scienza.
I dati
Per migliorare questi dati 17 anni fa un’azienda e una istituzione internazionale, L’Oréal e Unesco, si sono riunite in partnership per premiare ogni anno il talento femminile applicato al campo scientifico. L’iniziativa è mondiale e pochi anni dopo è partita anche in Italia, dove è arrivata alla tredicesima edizione e ieri ha premiato 5 ricercatrici – sotto i 35 anni – che si aggiungono alle altre portando a 65 i «camici rosa» che dal 2002 hanno vinto il Premio «Per le donne e la Scienza».
«Un recente studio del Cnr dimostra che le ragazze che vogliono fare ricerca in Italia sono ancora svantaggiate», ha detto l’amministratore delegato di L’Oréal Italia Cristina Scocchia alla premiazione. Uno svantaggio che si vede non tanto nelle posizioni junior, che per il 48% sono ricoperte da donne, quanto in quelle di vertice. «Nel nostro Paese sono meno del 17% le donne che dirigono un istituto di ricerca o un Dipartimento e non si conta neanche una presenza femminile a capo di uno dei 5 istituti di ricerca principali», continua Cristina Scocchia, ribadendo che L’Oréal ha deciso di concentrare il suo impegno in questo campo fino al miglioramento di quei dati.
Modelli positivi
C’è poi un altro fattore che rema contro, ed è l’autoesclusione delle ragazze stesse che fin da piccole si convincono di non essere portate per le materie scientifiche o di non vederla come una carriera compatibile con futuri progetti familiari. «Il programma ha anche il merito di portare ogni anno alla ribalta dell’informazione le protagoniste della ricerca a proponendole come modelli positivi cui guardare», ha aggiunto Giovanni Puglisi, presidente della Commissione Nazionale Unesco e rettore dell’Universitrà Iulm. Il Premio – una borsa di studio di 15 mila euro per portare avanti il progetto con cui si sono candidate – viene ogni anno deciso da una giuria presieduta dall’oncologo Umberto Veronesi. Quest’anno le candidature hanno raggiunto quota 360, le vincitrici provengono dal campo delle Scienze della Vita e della Materia e hanno presentato progetti di ricerca vari e originali, dalla Bio-energia pulita dagli scarti alimentari allo studio delle radiazioni contro l’Alzheimer all’innovativo campo della Soundscape Ecology. Davvero un trampolino di lancio e, a livello mondiale, a dimostrare che le giurie ci hanno visto giusto nel valutare le candidate c’è il fatto che due vincitrici si sono poi aggiudicate il Nobel. Le aspiranti Marie Curie tengano d’occhio il bando 2015/16 sul sito www.loreal.it.
La Stampa – 19 maggio 2015