«Mi sono dato una consegna e l’ho data ai miei ministri: dimenticare di avere i muscoli facciali, anche nel body language noi dobbiamo essere imparziali». Mario Monti risponde così all’ultimoassalto del Pdl sul decreto sviluppo e sulla legge anti-corruzione. Della serie: «Non accetto e non cado nelle provocazioni».
A palazzo Chigi c’è fastidio per le nuove sortite del partito di Silvio Berlusconi. Soltanto martedì scorso il premier ha riunito Angelino Alfano, Pier Luigi Bersani e Pier Ferdinando Casini in un vertice d’emergenza. In quella riunione, scattata dopo che da più fonti europee era ripartito il tam tam sulla necessità di aiuti internazionali per l’Italia, Monti è stato chiaro. Ha fatto presente che l’Italia è di nuovo sotto attacco: «Possiamo essere noi la nuova preda della speculazione». Che fino al Consiglio europeo del 28 giugno ci sono «quindici giorni ad alto rischio». Ha lanciato un appello: «Stiamo uniti o si va a fondo». Ebbene, la risposta di Alfano, Bersani e Casini è stata la sottoscrizione di un patto: «Saremo compatti, vareremo le riforme».
Per questo Monti è infastidito dal nuovo assalto di Alfano e compagni. Ma non allarmato. Per il premier, ciò che è fondamentale è il varo prima del 28 giugno della riforma del mercato del lavoro ed entro l’estate della legge anticorruzione. «Riforme su cui si appunta l’attenzione degli osservatori internazionali». Per il resto «le puntualizzazioni e le critiche dettate dalla necessità di marcare la propria identità sono secondarie». Per quanto riguarda il Pdl perfino ininfluenti. All’estero infatti distinguono tra le forze politiche in grado di governare il Paese (Pd e Udc) e quelle che non lo sono più (Pdl). L’analisi svolta nell’entourage del professore è impietosa: gli Alfano e i Cicchitto cercano di recuperare consenso prima dell’inizio ufficiale della campagna elettorale «con un atteggiamento da grillini». Ma così facendo riducono i margini per un accordo con Casini, consegnandosi a una deriva che li porterà tra le braccia di un altro partito in forte crisi: la Lega.
C’è da dire che parlando a Bologna, Monti ha pronunciato una frase che poteva suonare come una presa di distanze da Corrado Passera: «La stima degli 80 miliardi non è stata inserita nel comunicato ufficiale del governo. E’ stata fatta dal ministro competente». Ma sia a palazzo Chigi che al ministero dello Sviluppo bocciano questa lettura: il premier ancora ieri mattina ha sentito Passera al telefono dichiarandosi molto soddisfatto del varo del provvedimento e dell’eco avuta sui media. E la stima di 80 miliardi è, appunto, una stima.
Ma il decreto approvato «salvo-intese» va ancora limato. Tant’è che domani mattina il sottosegretario Antonio Catricalà è stato incaricato di presiedere una riunione con i tecnici dei ministeri interessati in cui verranno decisi i nuovi tagli con cui procedere all’effettivo finanziamento del provvedimento. Operazione tutt’altro che semplice. Solo dopo scatterà la «bollinatura» del ministero dell’Economia e la firma del Quirinale
Il Messaggero – 17 giugno 2012