Dall’Antitrust arriva una stangata da 832mila euro alla Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei medici e odontoiatri, per i divieti e paletti sulla pubblicità in materia sanitaria contenuti nel Codice deontologico del 2006 e nelle Linee guida applicative. Lo prevede il provvedimento 25078 pubblicato sul bollettino di ieri.
Una vittoria per Groupon, big mondiale dei gruppi d’acquisto su web, e per gli studi odontoiatrici che lo scorso anno hanno denunciato al Garante della concorrenza di essere stati soggetti a sanzioni disciplinari da parte di singoli Ordini provinciali per aver violato le norme deontologiche facendosi pubblicità.
Secondo il Garante Giovanni Pitruzzella infatti i limiti previsti dall’Ordine costituiscono «illecite restrizioni della concorrenza». In particolare l’Authority si sofferma sul parametro del “decoro professionale”, che dovrebbe caratterizzare la pubblicità in materia sanitaria, e sul divieto di pubblicità promozionale. Sotto la lente le disposizioni dell’articolo 56 del Codice deontologico e dei punti 5 e 9 delle Linee guida, che «idonee ad ostacolare ingiustificatamente l’attività pubblicitaria dei medici e degli odontoiatri, costituiscono illecite restrizioni della concorrenza. Tali disposizioni integrano un’unica intesa restrittiva della concorrenza in violazione dell’articolo 101 del Tfue».
Nel vecchio codice Fnomceo si legge infatti che «La pubblicità dell’informazione in materia sanitaria, fornita da singoli o da strutture sanitarie pubbliche o private, non può prescindere, nelle forme e nei contenuti, da principi di correttezza informativa, responsabilità e decoro professionale. La pubblicità promozionale e comparativa è vietata». Poco cambia, secondo l’Antitrust, anche con il nuovo Codice del 2014, che pure non prevede il parametro del “decoro professionale” e il divieto di “pubblicità promozionale”
«Si rileva infatti – sottolinea l’Antitrust – che è stata tuttavia introdotta, al secondo comma, una serie di parametri alcuni dei quali molto generici e non previsti dalla vigente normativa (la pubblicità sanitaria dovrebbe essere «prudente, obiettiva, pertinente») e pertanto potenzialmente suscettibili di una applicazione restrittiva della concorrenza, analogamente a quanto riscontrato per il concetto di decoro professionale».
Il Sole 24 Ore – 27 settembre 2014