Il presidente francese Hollande ha già illustrato i dettagli, parlando di «occasione storica» per correggere i vecchi squilibri
Chi pensa che l’applicazione della riforma Pac sia un problema tecnico per addetti ai lavori dovrebbe allargare lo sguardo oltralpe. In Francia, dopo settimane di roventi polemiche, è “sceso in campo” direttamente il presidente della Repubblica, François Hollande, per mettere le cose in chiaro, spiegando dettagliatamente con un lungo intervento le scelte nazionali maturate all’indomani dell’accordo europeo per ripartire i circa 10 miliardi annui che il paese riceve dalla Ue sotto forma di sussidi agricoli. «Abbiamo scelto di dare priorità agli allevamenti, che riceveranno ogni anno circa un milione di euro in più rispetto all’ammontare degli attuali trasferimenti», il passaggio chiave dell’intervento di Hollande che ha anche motivato la scelta di fondo dopo le forti proteste dei produttori di cereali, i più penalizzati dal piano del governo: «la zootecnia vive da anni una crisi strutturale provocata anche dal disaccoppiamento degli aiuti della Pac con il taglio del legame tra sostegno e produzione. Ora abbiamo l’occasione per riequilibrare la situazione».
In Italia, dove lo stesso ministro delle Politiche agricole ha avuto altro a cui pensare nelle ultime settimane, si sono appena chiuse le audizioni alla Camera sulla nuova Politica agricola. E anche se Bruxelles di miliardi verso Roma non ne spedisce 10 come a Parigi, ma sì e no la metà, l’appuntamento parlamentare è servito comunque a suonare la sveglia su un tema così delicato. Questo almeno è l’auspicio delle associazioni agricole e delle cooperative, visto che dalle scelte nazionali dipende la destinazione di oltre metà dell’intero budget. Bisogna decidere in che misura redistribuire i premi tra settori produttivi e soprattutto se limitarne l’erogazione alla figura dell’«agricoltore attivo», ancora tutta da definire (Iap e coltivatori diretti, ma forse non solo loro). Va poi verificata l’incidenza dei nuovi vincoli ambientali sulla diversificazione, l’equilibrio finanziario tra aiuti diretti e sviluppo ruale e, infine, bisognerà decidere se applicare o meno il famigerato tetto agli aiuti, oltre ad altre questioni minori.
Il presidente di Confagricoltura, Mario Guidi, è intervenuto, a nome di Agrinsieme (il coordinamento tra Cia, Confagricoltura e Alleanza delle cooperative): «Serve tantissima attenzione, e magari anche delle simulazioni, prima di decidere le opzioni nazionali di recepimento della riforma, di programmare gli interventi e di allocare le risorse per gli aiuti diretti, che rappresentano i due terzi della spesa agricola. Abbiamo tante scelte strategiche da effettuare entro pochi mesi e le organizzazioni agricole dovranno essere incluse a pieno titolo nel processo decisionale, che va avviato quanto prima». L’altra richiesta di Guidi riguarda la possibilità di accedere agli altri fondi strutturali europei: «Serve una coesione vera tra tutti i fondi comunitari per far crescere il settore primario. L’agricoltura non può essere confinata solo nell’ambito dei programmi di sviluppo rurale, ma deve avere accesso a tutti i fondi strutturali, in particolare nelle opzioni strategiche del Mezzogiorno e delle aree interne».
Intanto è stato pubblicato il regolamento che consente di anticipare il 50% degli aiuti Ue al 16 ottobre; sul saldo definitivo 2013 sarà invece applicato il taglio del 4,98% deciso dalla Commissione per rispettare i nuovi vincoli di bilancio, che potrebbero in futuro costringere a un’ulteriore pesante dieta i sussidi comunitari.
Il Sole 24 Ore – 6 ottobre 2013