Gli Stati avranno la possibilità di decidere se permettere o meno che un Ogm venga usato nella loro catena alimentare e avranno dunque più libertà di decidere sull’uso degli Ogm nell’alimentazione umana o nei mangimi: questo il centro di una proposta legislativa della Commissione europea, che ha presentato oggi il risultato della sua revisione del processo decisionale per l’autorizzazione degli organismi geneticamente modificati (Ogm) come alimenti e mangimi. La revisione, spiegano da Bruxelles, “deriva dagli orientamenti politici presentati al Parlamento europeo nel luglio 2014, in base ai quali la Commissione è stata eletta” e “conferma l’esigenza di cambiamenti che riflettano le opinioni del pubblico e consentano ai governi nazionali di avere più voce in capitolo per quanto riguarda l’uso di Ogm autorizzati a livello dell’Unione europea destinati all’alimentazione umana (alimenti) o animale (mangimi)”.
A seguito di tale revisione, la Commissione propone dunque di modificare la legislazione per conferire agli Stati membri maggiore libertà di limitare o proibire l’uso di Ogm autorizzati a livello dell’UE negli alimenti o nei mangimi nel loro territorio.
Maggiore flessibilità nell’uso di Ogm: questa dunque la promessa dell’Europa. La proposta della Commissione, spiega una nota di Bruxelles, “invia un segnale forte ai cittadini confermando che l’Europa tiene conto delle loro preoccupazioni, che possono variare da un paese all’altro. Il nuovo approccio è teso a raggiungere il giusto equilibrio tra il mantenimento del sistema di autorizzazione dell’UE e la libertà di decisione degli Stati membri riguardo all’uso degli Ogm nel loro territorio. Data l’importanza cruciale di mantenere un sistema unico di gestione del rischio al fine di garantire lo stesso livello di protezione in tutta l’UE, non verrà modificato l’attuale sistema di autorizzazione, fondato su basi scientifiche e sulle norme in materia di etichettatura che garantiscono la libertà di scelta per il consumatore. La novità consiste nel fatto che, una volta che un Ogm è autorizzato per l’uso in Europa come alimento o come mangime, gli Stati membri avranno la possibilità di decidere se consentire o no che un determinato ogm venga usato nella loro catena alimentare (misure di opt-out)”. Le misure di opt-out dovranno fondarsi su motivi legittimi, spiega la Commissione, quale rischi per la salute umana o animale o per l’ambiente. La proposta legislativa sarà ora trasmessa al Parlamento europeo e al Consiglio e seguirà la procedura legislativa ordinaria.
Ha commentato Vytenis Andriukaitis, Commissario responsabile per la Salute e la sicurezza alimentare: “Sono lieto di tener fede a uno degli impegni principali assunti dalla Commissione, la revisione della normativa sul processo decisionale in materia di Ogm. La Commissione ha dato ascolto alle preoccupazioni di molti cittadini europei, che si riflettono nelle posizioni espresse dai loro governi nazionali. Una volta adottata, la proposta odierna, nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà, darà agli Stati membri maggiore voce in capitolo per quanto riguarda l’uso sul loro territorio di Ogm autorizzati a livello dell’UE negli alimenti e nei mangimi.”
Nell’Ue sono già 58 gli Ogm autorizzati come alimenti e mangimi (che includono mais, cotone, soia, colza, barbabietola da zucchero) e 17 domande di autorizzazione sono pendenti, dopo aver ricevuto parere positivo dall’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa). L’Ue importa quantità importanti di mangimi biotech, e pochissimi alimenti. Secondo i dati, l’Ue necessita ogni anno di oltre 36 milioni di tonnellate di soia per gli allevamenti.
Tutto questo però non piace a Greenpeace, che a stretto giro ha diramato una nota molto critica: l’associazione ritiene che la proposta della Commissione per modificare le procedure autorizzative sulle importazioni di Ogm in Europa “sia perfettamente inutile, dato che lascia inalterato il problema di base: la Commissione può ancora autorizzare Ogm (per alimenti e mangimi) anche quando la maggioranza dei governi nazionali, e il Parlamento Europeo, sono contrari”. Sostiene Federica Ferrario, responsabile della campagna Agricoltura Sostenibile di Greenpeace Italia: “La proposta della Commissione è una farsa, perché lascia immutato l’attuale sistema decisionale assolutamente non democratico. Se dovesse passare, consentirebbe alla Commissione di continuare a ignorare la grande opposizione dei cittadini europei contro gli Ogm, in barba alle promesse fatte dal presidente Juncker di consentire alla maggioranza degli Stati membri la facoltà di bloccare le decisioni della Commissione sugli Ogm”. Per Greenpeace, che teme la pressione delle aziende biotech per aumentare il numero di autorizzazioni per importazioni e coltivazioni di Ogm, la scelta della Commissione non avrebbe esito senza strumenti a difesa delle eventuali decisioni degli Stati. “Adesso, piuttosto che cambiare le procedure autorizzative, la Commissione vorrebbe permettere agli stati UE di decidere autonomamente se vietare le importazioni di determinati Ogm nei loro territori. Senza adeguati strumenti legali a difesa di queste decisioni, per i Paesi membri questa è una scelta suicida”, dice l’associazione.
“La Commissione sta offrendo ai Paesi membri una falsa libertà di scelta, che non regge in nessun tribunale – conclude Ferrario – Le regole del libero mercato in UE prevarrebbero sempre sulle scelte dei singoli Stati, in particolar modo se ai governi sarà negata la possibilità di giustificare i divieti adottati a livello nazionale per ragioni di carattere ambientale o sanitario”.
Di “cavilli linguistici” e di formule molto generiche che renderebbero difficile applicare un divieto nazionale parlano anche Slow Food Italia e Legambiente, che in una nota congiunta scrivono: “I divieti nazionali riguardano il “divieto di utilizzo” (e non di commercializzazione) di alimenti e mangimi geneticamente modificati, escludendo quei prodotti che contengono tracce accidentali e tecnicamente inevitabili di Ogm in una proporzione non superiore allo 0.9% (e quindi non etichettabili come Ogm secondo il regolamento 1829/2003 attualmente in vigore). In concreto, la Commissione ricorre al cavillo giuridico del “divieto di utilizzo” per non infrangere la normativa comunitaria sulla libera circolazione delle merci nel mercato interno europeo, così, alimenti e mangimi Ogm autorizzati a livello comunitario potranno essere commercializzati in tutti gli Stati membri dell’Unione europea, ma alcuni paesi potranno vietarne l’utilizzo”. Di conseguenza, proseguono le due sigle, gli Stati potranno vietare l’utilizzo di alimenti e mangimi geneticamente modificati solo per “ragioni pressanti e motivate”, che non siano in conflitto con la valutazione comunitaria del rischio ambientale e sanitario. “Ma questa è una formulazione tanto generica e restrittiva che rende difficilmente applicabile la possibilità di divieto nazionale, aprendo le porte a numerosi contenziosi giuridici. Non a caso la recente direttiva 2015/412 specifica chiaramente che il divieto di coltivazione di Ogm autorizzati può avvenire per ragioni socioeconomiche, di uso dei suoli, di pianificazione territoriale, di contaminazione transgenica di altre coltivazioni, di politica agricola e di politica ambientale”.
Il divieto nazionale rimane difficile da applicare, mentre l’attuale procedura autorizzativa – proseguono le due sigle – è bloccata (sono 17 le richieste per alimenti e mangimi attualmente sospese) per l’assenza nel Consiglio della necessaria maggioranza qualificata di Stati membri contrari o a favore dell’autorizzazione di nuovi prodotti Ogm. “Questo lascerebbe interamente alla Commissione la responsabilità finale di approvare o meno un prodotto Ogm quando nel Consiglio non ci sia una maggioranza qualificata contraria all’autorizzazione. L’unica soluzione che la Commissione ha di fronte è procedere, come previsto dalla recente direttiva 2015/412, a una profonda revisione della procedura di valutazione del rischio ambientale e sanitario degli Ogm, in modo da colmare le forti lacune dell’attuale sistema di autorizzazione comunitario – dicono Slow Food Italia e Legambiente – Solo così sarà possibile superare l’attuale impasse politica e ricostruire un rapporto di fiducia con i cittadini europei”.
fonti Help Consumatori e Ansa – 22 aprile 2015