di Vittorio Italia. Alla domanda se la Pubblica amministrazione deve applicare le leggi illegittime, ogni dirigente, funzionario o impiegato risponderà certamente in termini negativi. Ma il problema è più complesso e il Consiglio di Stato ha risposto affermativamente. Con la sentenza 14 aprile 2015 n. 1862, si è stabilito, infatti, che la Pa ha l’obbligo di applicare le leggi, anche se ritenute illegittime. Il caso riguardava un atto amministrativo che era stato emanato sulla base di una legge dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale, e la sentenza ha affermato che questo atto poteva essere annullato in autotutela da parte dall’autorità amministrativa. Ma nella motivazione di questa sentenza si è stabilito un principio che solleva non pochi problemi. Si è infatti affermato che «L’Autorità amministrativa, dinanzi al principio di legalità costituzionale non ha un potere di sindacato costituzionale in via incidentale».
E che «coloro che esercitano le funzioni amministrative hanno l’obbligo di applicare le leggi (anche se ritenute illegittime), in ossequio al principio di legalità (la sottolineatura è mia) visto che l’ulteriore dimensione della legalità costituzionale ha il proprio presidio naturale sulla competenza (esclusiva) della Corte costituzionale». Secondo i giudici, quindi, la Pubblica amministrazione potrebbe esprimere una valutazione ai fini dell’esercizio dell’autotutela soltanto nell’ipotesi «della dichiarazione di incostituzionalità di una norma sulla base della quale essa abbia in precedenza adottato un atto amministrativo». Ma al di fuori di quest’ipotesi, la Pa ha l’obbligo di applicare le leggi, anche se ritenute illegittime.
Le argomentazioni del Consiglio di Stato. Le argomentazioni della sentenza del Consiglio di Stato si basano sul sistema della giustizia costituzionale e sulla regola che solo il Giudice e non l’Autorità amministrativa può sollevare l’eccezione di incostituzionalità in via incidentale. Sotto questo profilo, il sillogismo applicato dai giudici del Consiglio di Stato è corretto. Ma vi sono due pesanti obiezioni alla tesi che le Autorità amministrative debbano applicare le leggi anche se sono ritenute illegittime.
Le responsabilità della Pa. La prima obiezione riguarda le «responsabilità» delle Autorità amministrative che applicano una legge illegittima ed emanano uno o più atti amministrativi collegati o dipendenti da essa. L’applicazione diretta della legge illegittima o l’emanazione di atti amministrativi sulla base di essa, determina ulteriori atti illegittimi, e se questi ultimi provocano dei danni, ne risponde (in sede penale, amministrativa e civile): il dirigente, il funzionario o l’impiegato che ha applicato questa legge o ha emanato degli atti amministrativi sulla base di essa, e ciò vale anche per gli organi collegiali del Comune. Si tratta di responsabilità per colpa grave, e in quest’ipotesi non vi sarebbe l’esimente della insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali di cui all’articolo 1 della legge 20/1994.
La via della «disapplicazione». La seconda obiezione è costituita da una consolidata prassi che prevede che l’Autorità giurisdizionale può disapplicare la legge illegittima e applicare, al suo posto, una norma gerarchicamente superiore o un principio comunitario, che riguardi la stessa fattispecie o la stessa materia. Queste «disapplicazioni» sono effettuate da numerose magistrature, e sorge il quesito perché anche la Pa non possa operare nello stesso modo, disapplicando la legge illegittima ed applicando una legge gerarchicamente superiore o un principio comunitario. Anche la Pa deve seguire il principio di legalità, anzi deve «perseguire i fini determinati dalla legge» (articolo 1, comma 1, della legge 241/1990), e non può quindi – senza contraddire il principio di legalità – applicare una legge illegittima.
In contrario a quanto esposto si potrebbe obiettare che non vi è alcuna legge che consente alla Pubblica amministrazione di svolgere questa operazione, mediante la quale si modifica, anzi si sostituisce la premessa maggiore del sillogismo giuridico. L’obiezione è esatta, ma ad essa si può rispondere che questo argomento vale anche per l’Autorità giurisdizionale, che – senza che vi sia una legge che esplicitamente l’autorizzi e ne stabilisca i limiti – opera la disapplicazione della legge illegittima ed applica al suo posto una norma gerarchicamente superiore od un principio comunitario.
Queste due obiezioni confermano che la tesi espressa dal Consiglio di Stato, che pure è confortata da una corretta argomentazione sulle regole di fondo del sistema costituzionale, non è persuasiva. Essa non ha tenuto conto dell’attuale imprecisa scacchiera normativa, e specialmente delle conseguenze delle responsabilità alle quali la tesi sull’applicabilità delle leggi illegittime rischia di pervenire. L’attuale mancanza di una disciplina normativa della disapplicazione delle leggi illegittime porta a risultati contraddittori, mentre – proprio in ossequio al principio di legalità – tale disciplina si presenta necessaria ed urgente, e sarebbe coerente attribuire questo potere di disapplicazione delle leggi illegittime – con puntuali limiti, tempi e modalità – non soltanto alle Autorità giurisdizionali, ma anche alle Autorità amministrative.
Il Sole 24 Ore sanità – 22 aprile 2015